«Aspettiamo di vedere se vince Salvini o se vince Pillon. C’è tempo, visto che con i decreti in scadenza prima di settembre-ottobre non si vota niente». Se si dovesse sintetizzare l’esito del dibattito di ieri mattina tra i senatori del Pd su come uscire da quel vicolo cieco che è diventato il ddl Zan, «civile ma sostenuto» dice qualcuno dei presenti, questa sarebbe la formula adeguata.

LA RIUNIONE era convocata per discutere delle missioni internazionali ma inevitabilmente si parla molto, anzi moltissimo, anche della legge contro l’omo-transfobia. Sono una decina, un terzo del gruppo, i senatori pochissimo convinti dalla linea del muro contro muro decisa dal segretario Enrico Letta. Tra questi le senatrici Fedeli e Valente, che avrebbero voluto affrontare la questione proprio con Letta che però, consapevole del rischio, ha preferito evitare e respingere l’invito. L’ex capogruppo Marcucci è già uscito allo scoperto molte volte. Ripete che senza un accordo la legge sarà stravolta o affossata dal voto segreto e come lui la pensano Ferrari, Collina, Pittella e Stefàno. Poi ci sono due cattolici, Taricco e Ferrazzi, le cui esitazioni sono di altra natura, più sostanziali. Tutti garantiscono che voteranno il testo, quanto al voto segreto sugli emendamenti, assicurazioni ufficiali a parte, chi può dirlo.

LA SPERANZA appena nascosta è che «vinca Pillon», cioè quell’anima certamente maggioritaria nella Lega che vuole affossare la legge. A quel punto Renzi sarebbe senza sponde e la sorte dei temuti emendamenti sarebbe segnata. Solo che Salvini ha un progetto opposto. Sta usando il braccio di ferro sulla Zan per smarcarsi da FdI, come dimostra anche lo sgambetto col quale Lega e Fi hanno fatto fuori dal cda Rai il consigliere uscente targato FdI Giampaolo Rossi. La partita non è chiusa. La defenestrazione di Rossi signifca che nel cda non ci sarà nessun rappresentante dell’opposizione e le proteste di FdI, tanto alte da arrivare al Colle, potrebbero sovvertire il risultato. Ma il segnale di Salvini resta chiaro. La svolta trattativista sulla Zan giustifica l’ironia dell’Iv Faraone, «Sembra la Cirinnà». Se a spuntarla sarà lui, come è probabile, l’asse con l’altro Matteo si salderà e nel voto segreto passeranno emendamenti tali da modificare la legge senza affondarla. A quel punto sarà il fronte pro Zan a dover scegliere tra l’accettare le modifiche o uccidere la propria ormai snaturata creatura girando il pollice nel voto finale.

UFFICIALMENTE non c’è ancora una decisione. A porte chiuse molti ammettono che tutto dipenderà dalla solita formula: «identità di genere». Se sarà cancellata il voto sarà contro la legge, se invece gli emendamenti modificheranno l’art. 4 e il 7 ma senza eliminare dall’art. 1 la citazione esplicita dell’identità di genere, Pd, 5S e LeU accetteranno a denti stretti la sconfitta: voteranno comunque a favore del testo modificato. In ogni il Pd non presenterà emendamenti entro il termine fissato di martedì prossimo, ma solo odg. Dunque testi orientativi ma non vincolanti, dopo aver verificato alla luce degli emendamenti leghisti le vere intenzioni del Carroccio. Il contenuto degli odg ancora non c’è, proprio in attesa degli emendamenti leghisti, ma il principale dovrebbe essere una presa di posizione contro l’utero in affitto. Per rassicurare e parare l’accusa di usare la Zan anche per correre in quella direzione. Quanto alle scelte decisive, se ne riparlerà in autunno.