Luigi Zanda, capogruppo Pd al Senato, si dice sicuro che la stepchild adotion alla fine ci sarà e le unioni civili passeranno grazie al voto di Pd, Sel, M5S e verdiniani di Ala. «Mi auguro anche con i voti di Ap che è in maggioranza» dice. Troppo ottimismo? Forse. Anzi, quasi sicuramente viste le troppe ombre che sempre più si addensano sopra un disegno di legge che permetterebbe finalmente all’Italia di non rappresentare più il fanalino di coda europeo per quanto riguarda i diritti civili.
A destare più di qualche preoccupazione c’è il voto segreto sull’articolo 5, quello che riguarda l’adozione del figlio biologico del partner, sul quale convergeranno i voti contrari dei senatori cattolici del Pd (che chiedono invece l’affido rafforzato), ma anche quelli di Fratelli d’Italia, Lega e gran parte di Fi dove, dopo vari ondeggiamenti, alla fine Silvio Berlusconi ha ceduto ai falchi e annunciato il voto contrario al ddl Cirinnà. Poi ci sono le pressioni sempre più pesanti degli ultrà della famiglia, quella «tradizionale» composta da un uomo e una donna, sicuri di portare in piazza mezzo milione di persone per il Family Day del 30 gennaio che vedrà la partecipazione di praticamente tutto il centrodestra ma anche di alcuni parlamentari dem come l’ex ministro Giuseppe Fioroni. E come se non bastasse c’è anche l’incognita grillina, resa più concreta da quel «il Pd la pagherà cara» pronunciato da Gianroberto Casaleggio dopo i fatti di Quarto. Che faranno i pentastellati? Manterranno fede al loro impegno e voteranno sì al testo di legge con la stepchild adoption o, invece, per vendicarsi di Renzi faranno marcia indietro tradendo così la parola data?
Va detto che qualche perplessità la generano anche alcune dichiarazioni in arrivo dal fronte opposto, quello in teoria favorevole alle legge «così com’è», come va ripetendo da giorni Matteo Renzi. Parole rassicuranti si alternano infatti con altre che lasciano intravvedere qualche incertezza, tese come sono verso l’estenuante ricerca di un accordo. Come quelle pronunciate ieri da Lorenzo Guerini: «C’è un obiettivo del governo e del partito di dare al paese una nuova legge sulle unioni civili, da cui non indietreggeremo di un millimetro», ha detto il vicesegretario del Pd. «Dopodiché – ha però aggiunto – abbiamo consapevolezza che alcuni punti della legge affrontano temi delicati, credo che sia dovere, non solo del Pd, ma del parlamento, di trovare una condivisione, la più ampia possibile». E meno male che il Pd non arretra neanche di un millimetro.
A dar fastidio, anzi a fare paura, ovviamente è il punto più spinoso, quella stepchild adoption che nel Pd non piace ai cattolici ma della quale non sembrano essere davvero convinti neanche gli altri. L’impressione, anzi, è che nel partito del premier siano pochi coloro che considerano la possibilità di adozione per una coppia omosessuale un diritto come gli altri, vedendola più che altro come una concessione tranquillamente rinviabile a un secondo momento. Non la pensano così le associazioni lgbt e le tantissime famiglie omogenitoriali – ormai centinaia in Italia – che da decenni attendono di vedersi riconosciuti diritti ormai comuni quasi ovunque in Europa. E neanche quelle forze politiche decise a non perdere l’occasione offerta dal ddl Cirinnà. «E’ il minimo sindacale», commenta Nichi Vendola. «Oggi si prova a inquinare quel testo, che è una mediazione modesta – spiega il presidente di Sel -, togliendo la stepchild adoption, cioè togliendo i diritto dei bambini a poter godere della protezione di chi li cresce effettivamente. Noi saremo intransigenti».
In difesa del ddl Cirinnà e della stepchild adoption il 23 gennaio le associazioni lgbt manifesteranno in 40 città italiane (a Roma l’appuntamento è al Phanteon). In piazza gli attivisti e le attiviste porteranno con sé orologi e sveglie per suonare concretamente la sveglia – hanno spiegato gli organizzatori – a un Paese che attende da troppo tempo il riconoscimento dei diritti delle persone lgbt.