Se è vero che la candidatura di Nicola Zingaretti a Roma avrebbe dovuto innescare un domino per favorire l’asse tra Pd e M5S nelle altre grandi città, il fallimento dell’operazione a cui hanno lavorato per giorni Enrico Letta e Giuseppe Conte sta facendo deflagrare l’intesa giallorossa un po’ dappertutto.

Alla fine i due partiti correranno insieme solo a Varese e forse a Bologna, ma solo se alle primarie di giugno vincerà il candidato dei dem Matteo Lepore. Se invece vincesse la renziana Isabella Conti, i grillini andrebbero per conto loro.

A ROMA VIENE RICONOSCIUTA a Virginia Raggi una certa abilità politica: ha approfittato delle spaccature dentro il M5S per costringere Conte e Di Maio a blindarla, minacciando la tenuta dell’alleanza anche in regione Lazio e convincendo così Zingaretti a non correre (il governatore aveva chiesto a Letta precise garanzie sulla tenuta della coalizione in regione).

E adesso i dem si buttano pancia a terra sul Piano B, e cioè la candidatura dell’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri che era stata tenuta in freezer per oltre un mese.

CON LUI IL PARTITO si sta schierando in modo militare, dai municipi fino al Nazareno, lasciando poco spazio a una candidatura che potrebbe realmente sfidarlo, quella di Monica Cirinnà, che da mesi si era detta pronta a correre alle primarie. La senatrice si è presa qualche ora di riflessione, ma la “blindatura” di Gualtieri (che oggi sarà incoronato anche dalla direzione del Pd romano) le lascia poco spazio di manovra. Rischia una corsa in solitaria, con il sostegno di un pezzo di sinistra (il movimento Liberare Roma) ma di pochi dem.

«Roberto sarà il prossimo sindaco di Roma, ne sono convinto. Il Pd lo appoggia convintamente e con grande forza», ha detto ieri Letta. Così anche Zingaretti: «Gualtieri è una candidatura forte e credibile». «Roma non può continuare a vivere solo di emergenze, le persone sono stremate e non ne possono più perché i problemi vengono addirittura ignorati», ha aggiunto il governatore. «Bisogna voltare pagina. Solo l’alleanza del centrosinistra può garantire questo e riaccendere la speranza. Chi se ne tira fuori sbaglia. Bisogna prima di tutto pensare a Roma e non a se stessi. Le primarie saranno una occasione di mobilitazione popolare».

AD OGGI PERÒ, SENZA CIRINNÀ in campo, non ci sono candidature in grado di impensierire Gualtieri. Correranno il presidente del III municipio Giovanni Caudo, il consigliere regionale Paolo Ciani, Tobia Zevi. Stefano Fassina ci sta pensando, Rossella Muroni si chiama fuori: «Non ci sono le condizioni minime per candidarsi».

Francesco Boccia (che si occupa di enti locali) non chiede del tutto la porta al M5S: «Ora andiamo al ballottaggio e sono sicuro che poi convinceremo il M5S perché l’avversario per tutti è la destra, Virginia Raggi ci aiuterà». Chissà.

IL NODO È LA DIFFICOLTÀ a fare squadra con i grillini: «Noi lavoriamo con il M5S ma è evidente che a Torino e Roma, con Appendino e Raggi in campo, il lavoro è complesso, il Pd era all’opposizione, è naturale che ci siano difficoltà», dice Letta. Boccia rincara: «Le alleanze sono un processo lungo, non si fa dalla mattina alla sera e non si fa in vitro».

Fatto sta che il flop di Roma ha diviso i due alleati anche a Torino: al primo turno ognuno per sé, come auspicavano gli ex sindaci Fassino e Chiamparino. «Non mi straccio le vesti, perché la legge elettorale dei comuni ha il doppio turno. Al primo si vota il proprio candidato, al secondo si fanno i ragionamenti conseguenti», spiega Letta.

A NAPOLI HA RIPRESO FIATO il governatore De Luca, contrario alla candidatura di Roberto Fico che metterebbe d’accordo Pd e M5S a livello locale. «Fico al Comune di Napoli? Qui si vuole decidere a Roma con disprezzo dei territori, come si faceva una volta», l’attacco in perfetto stile De Luca.

L’accordo tra i due partiti però è in una fase avanzata, ed è possibile che l’intesa si chiuda comunque su un nome condiviso, l’ex ministro dell’Università Gaetano Manfredi (molto vicino a Giuseppe Conte). «Sono sicuro che a Napoli andremo uniti», dice Boccia. «Manfredi è autorevolissimo».

L’ex rettore però ha posto come condizione una legge speciale per Napoli o almeno un provvedimento del governo che alleggerisca i il Comune dall’enorme debito. Bisogna anche capire se De Luca si accontenterà di affossare la candidatura di Fico, o se cercherà di far saltare anche l’alleanza giallorossa.