Non si parli di articolo 18 nell’aula della camera. Pur di evitare di discuterne il Pd fa di tutto per riportare il testo della proposta di legge Mdp-Sinistra Italiana in commissione. Stanati dalla sinistra, i parlamentari del Partito democratico – anche quelli della minoranza – hanno deciso di buttare la palla in tribuna. Ricevendo il giubilo dei centristi e della destra. Mentre il M5s continua a chiedere il ripristino della reintegra solo per le aziende sopra i 15 dipendenti.
Ieri finalmente sono state scoperte le carte. In commissione Lavoro era il giorno del voto sugli emendamenti sulla proposta di legge a prima firma del capogruppo Mdp Francesco Laforgia per ripristinare l’articolo 18, estendendolo – come proposto nella Carta universale della Cgil – alle aziende fino a 5 dipendenti. Sfruttando il diritto previsto dal regolamento ai gruppo di opposizione, andrà in aula lunedì 20. Ma lì – a meno di improbabili ribaltoni – rimarrà poche ore perché il Pd e tutta la maggioranza non vogliono confrontarsi. La linea definita è rigida: la relatrice sarà l’ex Sel e Cgil Titti Di Salvo che ha già dato parere negativo in commissione e chiederà il ritorno del testo allo stesso organismo presieduto dall’altro dem Cesare Damiano. L’obiettivo è chiaro: affossarlo fino alla fine della legislatura.
La sintesi politica la fa Giorgio Airaudo, il deputato di Sinistra Italiana che per primo aveva presentato il testo: «Da un lato il Pd finge di aprire a sinistra col diplomatico Piero Fassino, dall’altra sul piano fattuale decide di non discutere il ripristino dei diritti cancellati dal Jobs act».
«Hanno fatto di tutto perché il testo che ripristina le tutele dell’articolo 18 sui licenziamenti disciplinari e collettivi non arrivasse in aula. Adesso che in aula ci arriva per davvero, faranno di tutto per rimandarlo in commissione e affossarlo», attacca Laforgia.
In mattinata anche il coordinatore di Mpd Roberto Speranza aveva chiesto al Pd di prendere una posizione per dare un segnale di discontinuità. «Il problema non è fare un manifesto con sotto scritto abbiamo fatto la pace, il problema sono le politiche che si fanno. La nostra proposta di legge arriva alla Camera il 20. Il Pd non deve dire “non mettiamo veti a Mdp”, deve dirci semmai se rimettiamo l’articolo 18».
In realtà la minoranza Pd sostiene di aver comunque fornito una «contropartita». «Abbiamo deciso di non votare gli emendamenti dell’onorevole Mazziotti che chiedevano di abrogare tutta la proposta di legge – spiega il presidente Cesare Damiano – . Lui li ha ritirati e così il progetto di legge andrà in aula con il parere negativo della relatrice. Noi pensiamo che invece di soffermarsi su un provvedimento che non ha alcuna possibilità di essere approvato entro la fine della legislatura si debba provare ad affrontare il tema dei licenziamenti in modo più pragmatico nella legge di bilancio: proponiamo di alzare le indennità di licenziamento previste dal Jobs act, magari alzando il range attuale che va dalle 4 alle 24 mensilità ad minimo di 8 e un massimo di 36. In questo modo per le imprese licenziare sarebbe meno favorevole», conclude Damiano.
«Spostare la discussione dal diritto alla reintegra al costo dei licenziamenti non ha alcun senso – gli risponde Aiurado – . Noi faremo di tutto per poter discutere di articolo 18 in aula».
Quanto all’onorevole Mazziotti il suo commento – un testo da anni ’70, è una vittoria netta contro i conservatori, la sconfitta di un totem ideologico antistorico nelle politiche del lavoro – porta ad una risposta molto dura di Laforgia. «Nel vuoto sono sempre le posizioni ideologiche, per davvero, ad emergere. Come quelle di chi dice che la modernità sia smantellare il diritto a difendersi, anche a fronte di un licenziamento ingiusto. Mi spiace per loro, ma un paese infragilito come il nostro non crede più che i diritti siano un gioco a somma zero. E nessuno provi a insegnare a noi che cos’è la modernità», ha concluso Laforgia.