Rinviato a giudizio per la cosiddetta “P3” insieme Nicola Cosentino, con l’accusa di corruzione. Non è il solo guaio per Denis Verdini, che è stato rinviato a giudizio anche a Firenze, per il buco del Credito cooperativo fiorentino. Se si tiene conto del ruolo centralissimo dell’uomo nel dialogo Renzi-Berlusconi, è inevitabile sospettare imminenti e pesanti ricadute politiche delle traversie giudiziarie in questione. Se poi da entrambi gli spalti piovono bordate più da guerra conclamata che da alleanza costituente, quei sospetti si traducono per molti in certezza.

Che il cannoneggiamento reciproco sia intenso è un fatto. Ieri mattina campeggiava un’intervista-ultimatum del vicesegretario Pd Lorenzo Guerini: «Forza Italia si muova o sull’Italicum trattiamo con altri», gli «altri» essendo i 5 Stelle, il cui possibile accordo con Renzi sulla legge elettorale è da sempre l’incubo di Berlusconi. La risposta azzurra, però, non è meno bellicosa. Parte Renato Brunetta: «Non vorremmo che il patto del Nazareno si stesse trasformando in un patto alla renziana. Aspettiamo chiarimenti, non aut aut leonini». Segue Toti, megafono del capo: «Ci piace ricordare che abbiamo accettato un metodo per cui i cambiamenti vanno concordati, non imposti». Chiude in bellezza Sisto, presidente della commissione Affari costituzionali della Camera e fittiano puro, tanto per ricordare che i dissidenti ci sono, hanno voti sonanti e dunque voce in capitolo: «Credo che il premio di lista sia in contraddizione con l’impianto dell’Italicum e possa creare un effetto domino su altri meccanismi, come le soglie».

Messa così, il patto sembra davvero a un passo dal naufragio. Solo che Verdini non pare affatto nell’angolo ma anzi è più attivo che mai. E l’accordo viene dato a un passo, proprio su quel premio di lista che Sisto vorrebbe affondare, come del resto anticipato da Berlusconi a Renzi nella telefonata della settimana scorsa. Il problema è che con Berlusconi non si sa mai come stanno davvero le cose, un po’ perché l’uomo è tra i più indecisi, e un po’, anzi molto, perché è condannato a fare sempre l’equilibrista tra le sue molteplici sfere d’interesse.

Capita così che la sera stessa della telefonata della riappacificazione con Renzi, ai parlamentari sia arrivata precisa disposizione di perdere tempo e allungare il brodo. Capita anche che nei ranghi forzisti si sussurri che nello Sblocca Italia ci siano passaggi che per il Cavaliere, nelle sue vesti imprenditoriali, sono preziosi. Dunque, finché quella legge non sarà incamerata, bisogna evitare tensioni con don Matteo. Del resto, ricordano i nemici del Nazareno che dentro Fi sono legione, se è vero che Silvio l’ondivago ha detto sì al premio di lista nella famigerata telefonata, è anche vero che ha subordinato la controfirma alla garanzia di soglie di sbarramento alte, cosa che renderebbe il piatto indigeribile per l’Ncd.

Ma l’ostacolo più serio è che nessuno può garantire ai due capibastone il controllo sulla truppa parlamentare, al momento incertissimo e anche peggio. La prova della tenuta dell’accordo dovrebbe arrivare con lo sblocco della situazione sull’elezione dei giudici costituzionali. Renzi aveva già convocato per oggi l’assemblea congiunta dei gruppi nella previsione di un semaforo verde per il tandem Silvana Sciarra-Alessandra Sandulli. All’ultimo momento quest’ultima, peraltro a forte rischio di bocciatura da parte dei franchi tiratori azzurri, come esplicitato da Gasparri, si è ritirata.
Dunque tutto è rinviato: la prova del nove per accordo, l’assemblea dei gruppi Pd convocata per lanciare l’arrembaggio sull’Italicum riveduto, il nuovo incontro Renzi-Berlusconi. La legge elettorale, per ora, resta in alto mare.