Il grande e vasto patrimonio culturale collocato tra l’Abruzzo, il Lazio, le marche e l’Umbria e che è stato parzialmente danneggiato dal recente sisma ha caratteristiche precise. «L’aspetto cruciale, che interessa proprio la zona centrale del patrimonio artistico italiano, è la stratificazione di elementi culturali e figurativi che partono addirittura dall’età pre-classica per poi passare all’età romana e, attraverso il medioevo, giungono fino all’età moderna». A raccontare di questa marcatura importante è Alessandro Tomei, professore ordinario di Storia dell’arte medievale presso l’Università «G. D’Annunzio» di Chieti-Pescara e profondo conoscitore dei luoghi soprattutto intorno al territorio di Amatrice.Tipica di quest’area è la diffusione sul territorio di opere, certo di eterogenea qualità ma sicuramente con la caratteristica di rappresentare l’identità storica dei luoghi e di chi li abita.

Riguardo il museo civico di Amatrice, tra i danni irreversibili al patrimonio artistico, sono state perdute le due croci processionali (di Pianaco e Preta) riferibili al grande maestro Pietro Vannini….

Vannini, straordinario interprete dell’oreficeria tardo-gotica e che lavorava tra Ascoli Piceno e queste aree più dell’interno, aveva più di altri una relazione con la comunità. Amatrice, che risulta nella provincia di Chieti che tuttavia è stata creata ex-novo e per ragioni certo non culturali durante il fascismo, in realtà è una zona che gravita più sul versante adriatico che su quello tirrenico.

Tra questi danni può essere fatta una distinzione?

Sono tutte, questa compresa, delle perdite gravissime con una differenza di intervento quando si tratta non di opere presenti in un museo – e quindi trasportabili in un ricovero – ma legate a luoghi diversi come nel caso della basilica di San Francesco e della chiesa di Sant’Agostino. Se nel primo caso, come ci hanno suggerito i restauri successivi al terremoto aquilano, possono essere intrapresi interventi più che efficaci, nel secondo caso tutto dipende dalla struttura intorno, pareti, tetto etc. Se le costruzioni, come in questo frangente, sono distrutte, e di conseguenza esposte alle intemperie, non è affatto semplice salvaguardare per esempio ciò che è interno e difficilmente estraibile come un affresco. Mi riferisco in particolare a quello trecentesco riferibile al giorno del giudizio e che si trova nella basilica di San Francesco. È stato dipinto da uno dei più grandi maestri del territorio e si trova proprio ad Amatrice. Penso però anche ad Arquata del Tronto dove c’è un importantissimo castello di fondazione alto-medioevale che risulta essere parecchio danneggiato. Nella fascia marchigiana l’elemento forse più importante è un crocifisso ligneo dipinto di età tardo-romanica che stava proprio nel museo di Arquata del Tronto e che non si sa che fine abbia fatto. del resto, ogni opera, ogni monumento sono unici e irripetibili.

Riguardo gli affreschi,cosa pensa sia la pratica più ragionevole da utilizzare per la loro salvaguardia? Ciò che per esempio hanno fatto anche all’Aquila dopo il terremoto?

Quel che è accaduto all’Aquila sotto l’aspetto del patrimonio artistico è stato l’utilizzo, per esempio nelle chiese, di grandi teli di plastica come sostitutivo del tetto e tesi a riparare. In questo senso mi sembra che non vi siano state perdite ingenti di beni. Si potrebbe adottare questa tecnica temporanea anche in questo caso.

Che relazione c’è tra il patrimonio artistico e le comunità?

Di forte attaccamento. Questo patrimonio segna l’identità che non è solo un fatto di appartenenza ma proprio di riconoscimento. C’è una forte devozione popolare che non indica solo un senso del sacro ascrivibile a un’immagine a cui rivolgersi in termini di fede ma anche come segno di identità storico-culturale. Queste opere sono giunte fino a noi proprio in ragione di questo sentimento di appartenenza, altrimenti le avremmo già perse. Pensiamo per esempio alle committenze: è vero che figurano i signori del luogo ma vi è anche una parte molto più popolare legata ad associazioni di artigiani etc. Ciò per dire che non c’è un’unica e compatta identità che viene a rappresentarsi in questo legame profondo con la comunità ma che è un attraversamento di un tessuto socio-economico e culturale trasversalmente assai variegato.