Un lavoratore medio americano dovrebbe lavorare 1,5 milioni di anni per accumulare il patrimonio di Michael Bloomberg. Anzi: supponendo che consumi metà del suo reddito per mangiare, coprirsi e avere un tetto, dovrebbe far lavorare anche sua moglie.

Sempre per 1,5 milioni di anni, naturalmente. Tutto questo per raggiungere il patrimonio del miliardario americano nel 2020. Purtroppo noi homo sapiens siamo in circolazione sulla Terra da appena 200.000 anni, ed è improbabile che l’umanità duri altrettanto nel futuro, se il riscaldamento globale prosegue al ritmo attuale.

Non stupisce, quindi, che il patrimonio dell’ex sindaco di New York, ora candidato alla nomination dei democratici, offra a Bloomberg una ragionevole possibilità di conquistare una maggioranza di delegati alla convenzione di Milwaukee. Infatti, una legge bronzea della politica americana stabilisce che, nel 90% dei casi, chi spende di più nella campagna elettorale conquista il posto a cui ambisce, si tratti di un seggio di deputato, di governatore, o della scrivania di presidente degli Usa. Il 90%, però, non significa il 100% dei casi e questo angustia l’establishment democratico, che vede nel miliardario la sua speranza di salvezza per sbarrare la strada a Bernie Sanders.

I clintoniani sembrano indifferenti al fatto che Bloomberg usi i partiti come taxi: nel 2001 si fece eleggere a sindaco come repubblicano, nel 2009 come indipendente e ora si dichiara democratico.

Il fatto di non aver bisogno di finanziatori viene visto dall’establishment come la manna dal cielo: fino ad oggi ha già speso 350 milioni di dollari e promette di spendere un miliardo da qui a novembre.

Il fatto che fin qui non abbia raccolto un solo voto popolare (il suo nome apparirà sulla scheda solo nel cosiddetto supermartedì, il 3 marzo) viene considerato un’ottima cosa, perché la base democratica sta mostrando una preoccupante tendenza a votare per Bernie Sanders, mentre i candidati «centristi» come Joe Biden e Pete Buttigieg non sembrano avere il fiato per arrivare al traguardo della maratona, in luglio.
Quanto è «democratico» Michael Bloomberg? Per esempio, possiamo partire dal fatto che nel 2014, la città di New York City dovette pagare un risarcimento di 18 milioni di dollari alle centinaia di persone che erano state arbitrariamente arrestate per aver protestato pacificamente contro la Convenzione nazionale repubblicana, anni prima.

Più di 1.800 persone, tra cui adolescenti e molti passanti non coinvolti nella manifestazione, erano stati vittime della massiccia retata della polizia di New York, che dipende dal sindaco, e trattenute, 30 o 40 alla volta, in squallide celle per più di due giorni prima di essere portati davanti a un giudice, una palese violazione della legge. Sotto Bloomberg, gli arresti della polizia prendevano di mira soprattutto i neri e i latinoamericani passando da 97.296 nel 2002 a un record di 685.724 nel 2011.

I fermi, per questi giovani, erano non soltanto ingiustificati ma palesemente traumatizzanti perché attuati senza alcuna causa giustificabile. Nel 2013 un giudice federale ha dichiarato la pratica incostituzionale. Invece di assumersi le sue responsabilità, Bloomberg si appellò contro la sentenza.

Sempre nel 2011, la polizia invase Zuccotti Park nel cuore della notte per distruggere Occupy Wall Street, il movimento che aveva avviato il dibattito sull’aumento delle disuguaglianze in America. Un giudice poi condannò la città a pagare un risarcimento per aver distrutto la biblioteca popolare creata dai militanti.

La mancanza di interesse da parte di Bloomberg per il problema dei senzatetto e degli abitanti espulsi dai quartieri in via di gentrificazione a causa dell’aumento insostenibile degli affitti aggravò enormemente i problemi. Le sue generose donazioni ai repubblicani nel senato dello stato di New York permisero di annacquare o aggirare le leggi a tutela degli inquilini in città, mentre nel 2011, Bloomberg chiuse un programma di sussidi per l’edilizia abitativa a beneficio delle famiglie senza fissa dimora, scatenando la crisi dei senzatetto con cui New York è ancora oggi alle prese.

Certo, Bloomberg ha migliorato il traffico in città, è a favore del matrimonio tra omosessuali e, in confronto ai repubblicani, sembra perfino un ecologista.

Se Trump interpreta la parte del miliardario (non a caso rifiuta di rendere pubbliche le sue dichiarazioni dei redditi) Bloomberg è un oligarca autentico: qualche tempo fa Andy Borowitz, il popolarissimo autore satirico del New Yorker, scrisse: «Bloomberg offre a Trump 10 miliardi di dollari se se ne va dalla Casa Bianca prima di sera». Era una battuta, ma avrebbe potuto benissimo essere vero: a Bloomberg sarebbero sempre rimasti in banca 50 miliardi di dollari: 1,2 milioni di anni di lavoro per l’americano medio.