Utile a entrambi, praticamente già fatto, l’accordo tra il Pd e i radicali di +Europa sta per saltar per una clausola nella nuova legge elettorale. Che rende impossibile firmare un’intesa tra una qualsiasi lista che deve raccogliere le firme (come quella radicale), e dunque deve indicare nei moduli sui quali raccoglie le sottoscrizioni, subito, i candidati nei collegi uninominali, e una qualsiasi lista che non ha bisogno delle firme (come il Pd), e può indicare i candidati nell’uninominale all’ultimo momento, in questo caso il 21 gennaio. I candidati nei collegi uninominali sono il prodotto dell’accordo, perché sostenuti da ogni lista della coalizione, ma sono lontani dall’essere individuati. Soprattutto dal Pd, in difficoltà perché il crollo nei sondaggi riduce i collegi sicuri. Emma Bonino ha spiegato ieri che, anche volendo, +Europa non può cominciare a raccogliere le firme per quelli che saranno i candidati comuni: «Non possiamo scrivere sui nostri moduli se e dove si candideranno Renzi, Martina, Orfini…». La conseguenza è che, spiega il segretario dei radicali italiani Riccardo Magi, «avvieremo al più presto la raccolta per una presentazione autonoma delle nostre liste». Il Pd ha risposto sia accusando i potenziali alleati di voler alzare il prezzo per le candidature. Sia, contemporaneamente, invitando i radicali a fidarsi dall’aiuto dei democratici per una raccolta all’ultimo minuto: «Tutta la macchina organizzativa del Pd è pronta e a disposizione», ha detto il vice segretario Martina.

Ha risposto anche il Viminale, anticipando la pubblicazione del facsmile sul quale andranno raccolte le firme (a +Europa ne servono 375 in ognuno dei 63 collegi plurinominali della camera). «È la legge a prevedere che tutte le firme debbano essere raccolte con l’indicazione dei candidati uninominali … la precisione della norma esclude la possibilità di interpretazioni attraverso circolari», è stata la risposta del ministero guidato da Minniti alla richiesta dei radicali di un’interpretazione «costituzionale e non surreale». Ma il ministero dell’interno ha anche lasciato aperto uno spiraglio: «In ogni caso ciascuna forza politica può definire modalità di sottoscrizione diverse da quelle suggerite dal ministero dell’interno», purché compatibili con la legge e in ogni caso soggette alla valutazione delle Corti di appello. Un inciso anche questo un po’ surreale – del genere: la legge è chiara e non ci possiamo fare niente, ma se vi viene in mente un’altra soluzione potete rischiare – che probabilmente rimanda alle discussioni che ci sono state in questi giorni tra i radicali e gli emissari del Pd, alcuni dei quali garantivano che moduli con un rinvio a una successiva indicazione dei candidati uninominali sarebbero stati accettati.

Il pasticcio è tale che il Pd rischia seriamente di perdere uno dei due soli alleati che Renzi è stato in grado di coinvolgere. Gli altri, la lista «Insieme» di socialisti, verdi e del prodiano Santagata, non hanno problemi perché esentati dalla raccolta delle firme grazie alla presenza dei socialisti nel gruppo delle autonomie al senato. Anzi, Nencini e Bonelli ne approfittano per chiedere ancora a Bonino di correre insieme, proposta che i radicali lasciano cadere.
L’offerta di aiuto di Martina a Bonino, Magi e Della Vedova non è ovviamente a costo zero. Perché se i radicali dovessero accettarla, rinunciando alla loro raccolta firme fino al giorno della presentazione dei candidati uninominali, avrebbero poi necessariamente bisogno del Pd per completare in una sola settimana la raccolta di tutte le firme. Dunque sarebbero obbligati ad accettare qualsiasi proposta di Renzi, al limite anche un solo collegio per Bonino. È lecito, allora, immaginare che il Pd abbia volutamente imboccato questa (rischiosa) strada, per togliere ai radicali qualsiasi spazio di negoziato. Il 7 dicembre, infatti, era stato proprio il Pd a presentare un emendamento alla manovra nel quale oltre alla riduzione delle firme necessarie veniva risolta la questione dei candidati uninominali. Ma due settimane dopo, i dem erano stati velocissimi a tornare indietro, cedendo alle richieste di Forza Italia che non ha alleati con problemi di firme. Proprio questo balletto impedirebbe adesso al Viminale un’interpretazione estensiva della norma. A +Europa dunque non resta che cominciare una raccolta di firme con candidati autonomi, potendo sempre interromperla nel momento in cui un accordo sarà trovato. Quello che resta l’esito più logico.