Mario Draghi fa “un passo in più” verso nuove misure della Bce per rianimare l’economia, l’Ocse chiede apertamente all’Eurotower di attuare un quantitative easing monetario, l’Fmi fa autocritica per aver difeso la riduzione dei deficit in modo “prematuro” dal 2010, solo due anni dopo il fallimento di Lehman Brothers, che ha dato il via alla grande crisi, che dal mondo industrializzato ha ormai contagiato anche gli emergenti. Due giorni dopo le nere previsioni d’autunno della Commissione, che ha rivisto al ribasso le prospettive di crescita dei paesi Ue e della zona euro in particolare, il presidente della Bce ha dichiarato ieri che il board è stato “unanime” sulla possibilità di attivare “strumenti non convenzionali se permane la bassa inflazione”. Draghi ha forzato la mano alla “fronda” dei fautori dell’ortodossia monetaria, coagulata da Jens Weidmann della Bundesbank (da 7 a 10 membri del consiglio della Bce su 24)? Il presidente ha sottolineato che “non c’è una linea di demarcazione delimitata tra nord e sud” nella Bce, per smentire le voci sui forti dissensi interni, anche se ha ammesso “divergenze”, una “cosa normale”, come succede alla Fed, in Gran Bretagna o in Giappone. Draghi ha ripetuto l’affermazione che, nella conferenza stampa del 4 settembre scorso, aveva fatto saltare sulla sedia gli “ortodossi”: il bilancio della Bce continuerà ad ampliarsi fino ai livelli dell’inizio del 2012 (quando aveva toccato i 3,02 triliardi di euro). Cioè, la Bce – ma solo “se necessario” – immetterà mille miliardi sul mercato, con acquisti di obbligazioni garantite dall’emittente, con le cartolarizzazioni Abs e altra liquidità con i Tltro. I tassi di interesse restano al minimo storico, lo 0,05%. Queste informazioni sono state accolte con sollievo dai mercati e l’euro sul dollaro è al livello più basso dal 2008.

La Bce aspetterà per mettere in opera la politica dovish, accomodante, se constaterà che le misure in atto finora non si riveleranno efficaci. Ma tutto dice che rianimare l’economia della zona euro non sarà compito facile. Le previsioni d’autunno della Commissione, con prospettive riviste al ribasso rispetto al maggio scorso anche per la Germania, aveva già gettato il gelo all’inizio della settimana. Per la Commissione l’economia della zona euro resterà in crisi nel 2015, anche se dovrebbe evitare di cadere in deflazione. Quest’anno, il pil a 28 salirà dell’1,3% e solo dello 0,8% per la zona euro. Piccolo fremito nel 2015, con rispettivamente +1,5% per i 28 e +1,1% per i 18 della moneta unica. “La fiducia è inferiore rispetto alla scorsa primavera”, ha spiegato la Commissione, che pero’ attribuisce la colpa agli altri, soprattutto al rallentamento delle economie emergenti. Bruxelles non rimette in causa l’austerità. Anzi. I paesi che pensano di potersi emancipare un po’ dal corsetto dei parametri, sono stati richiamati all’ordine dalla Germania. Parigi e Roma hanno difatti ricevuto indirettamente una lettera da Berlino – spedita al nuovo commissario agli affari monetari Pierre Moscovici, a Pier Carlo Padoan per la presidenza semestrale italiana, a Jyrki Katainen e a Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo – che chiede a Bruxelles di rafforzare i controlli sugli stati che non rispettano le regole. La lettera, spedita il 20 ottobre, è firmata da Wolfgang Schäuble, ministro tedesco delle finanze, e anche dal socialdemocratico Sigmar Gabriel, responsabile dell’economia nel governo Merkel.

La Germania rallenta, l’Italia affoga e la Francia è considerata l’ “uomo malato” d’Europa, mentre la nuova Commissione si congratula per i miglioramenti in Grecia e in Spagna, paesi annientati dall’austerità, dove la disoccupazione imperversa. Hollande è arrivato ieri a metà mandato. E’ andato in tv per cercare di spiegare come mai, malgrado i 41 miliardi di sgravi concessi alle imprese, ci sono 500mila disoccupati in più da quando è entrato all’Eliseo (ormai 3,5 milioni, cifra che supera i 5 se si considerano coloro che hanno lavorato qualche ora) e i deficit sforeranno alla grande i parametri (4,5% nel 2015, 4,7% nel 2016). La Francia è in ebollizione, con varie categorie professionali scatenate contro qualsiasi tentativo di riforma. Gli ultimi a manifestare sono stati gli agricoltori, mercoledi’. Non vogliono sentir parlare di misure di limitazione nell’uso dei nitrati in zone “vulnerabili” (Bruxelles ha di nuovo punito la Francia per non rispetto della direttiva del 1991), hanno già ottenuto l’abolizione dell’eco-tassa (sul trasporto via camion) e il versamento anticipato delle sovvenzioni della Pac. Ma la rabbia non cala: tonnellate di letame riversate di fronte alle Prefetture, assalti violenti ad edifici pubblici e all’arredo urbano, a Nantes persino maltrattamenti contro le nutrie “nocive, come la ministra Ségolène Royal e gli ecologisti”, la giornata di mercoledì è stata di fuoco.