«Georges Wolinski, uno dei vignettisti che è stato ucciso nell’attentato a Charlie Hebdo, diceva che il riso è la via più breve tra un uomo ed un altro» , osserva Eric Toledano,regista insieme a Olivier Nakache di Samba, commedia incentrata su un dramma: quello dei sans papiers. Ovvero i nostri migranti, impropriamente detti clandestini, che a Parigi per sfuggire ai controlli sono costantemente costretti a cambiare e falsificare la loro identità.

«Volevamo lavorare sul piano dell’assurdo che consente di raccontare meglio tantissime cose, e soprattutto che è fondato nella realtà. Ad esempio dire a qualcuno che ha tre giorni per partire quando magari per arrivare in Francia ci ha messo cinque anni. Abbiamo iniziato la nostra ricerca da un articolo di Liberation in cui si diceva che in Francia ci sono tanti sans papier, alcuni addirittura lavorano nell’amministrazione, il che è un totale paradosso. E la cosa più divertente è che è stato individuato un sans papier in Parlamento».

Toledano e Nakache sono reduci dallo straordinario successo di Quasi amici (2011), che come Samba (nei cinema dal 23 aprile) costruiva la commedia sul fortuito incontro di mondi tra loro distantissimi. Qui però al cuore della vicenda non c’è un’amicizia ma un amore, quello tra il senegalese Samba (Omar Sy), che vive a Parigi senza documenti da dieci anni, e cerca disperatamente di lavorare per mandare soldi a casa, e la nevrotica Alice (Charlotte Gainsbourg), donna d’affari che dopo un esaurimento nervoso lavora per fini terapeutici in un’associazione di sostegno ai migranti.«Abbiamo scelto una storia d’amore perché il pericolo dopo un successo come quello di Quasi amici è di trovarsi chiusi in un genere. Così stavolta ne abbiamo mescolati diversi, la commedia sociale e quella romantica».

Samba si basa sul libro di Delphine Coulin, che per cinque anni ha lavorato come volontaria in un’associazione simile a quella della storia. Ma, come dice ancora Toledano, «il romanzo tratta principalmente la storia di Samba, e non è molto allegro. Perciò lo abbiamo usato solo come base della sceneggiatura inserendo poi il personaggio di Alice».
Aggiunge Nakache: «Non volevamo dare troppe informazioni sul personaggio di Alice. Lei è un po’ come il suo appartamento, in fase di trasloco, di passaggio. In questo modo abbiamo potuto raccontare un incontro umano più che di classe, come invece era palese in Quasi amici». Ma proprio la mancata esplorazione dell’improbabile rapporto di un migrante vessato dalle autorità e dalla burocrazia con una donna ricca, con le conseguenti nevrosi del caso, è ciò che non consente al film di entrare in profondità, rifuggendo dagli spigoli di una storia che si vuole semplicemente umana, e che invece è servita col buonismo di chi preferisce ignorare per le due ore trascorse in sala che la diversa estrazione sociale dei due amanti non è l’ultimo dei loro problemi. Lo stesso vale per il mondo ripulito e gioviale dei migranti che gravitano intorno a Samba ed Alice, tra cui l’amico del protagonista che si finge brasiliano – Wilson – ragazzaccio dal cuore d’oro che non sfonda mai la bidimensionalità del clichè a lui assegnato dalla commedia.

E tuttavia proprio questa gradevolezza del «genere» ne ha decretato il successo – in Francia Samba ha registrato tre milioni e mezzo di ingressi – raggiungendo un grande pubblico con una storia che ha il coraggio di toccare quella che Toledano chiama la «schizofrenia del sistema francese» – e non solo – verso i migranti. «I sans papiers non esistono a livello amministrativo ma pagano l’imposta sul reddito: un uomo per un’istituzione non esiste mentre per un’altra può comunque pagare le tasse». Così, avviandosi verso un happy end dal retrogusto amaro, Samba e Alice vengono travolti da un insolito destino sulla Senna che, pur senza voler offendere nessuno, ha per lo meno il merito di trattare un argomento sgradito ai più.