Jorge Maria Bergoglio non è certo un antiproibizionista. Quasi un anno fa, ai giovani giunti da tutto il mondo per ascoltarlo lo disse chiaramente: «Il narcotraffico non si combatte con la droga libera». E sulla giustizia (degli uomini) non ha nemmeno la visione di Barack Obama, malgrado nel 2000 in Argentina chiese un’amnistia ampia per gli immigrati clandestini che sopraffollavano le celle, e anche da pontefice abbia mostrato particolare attenzione alle «condizioni inumane di tante carceri, dove il detenuto è spesso ridotto in uno stato sub-umano». Eppure Papa Francesco, dimostrando ancora una volta l’indifferenza ai «principi non negoziabili» tanto cari al suo predecessore Joseph Ratzinger, ieri ha telefonato niente meno che a quel vecchio diavolo di Marco Pannella, impegnato da convalescente al Policlinico Gemelli nella sua lotta nonviolenta in favore dell’amnistia e dell’indulto. Venti minuti di conversazione telefonica che qualche parlamentare avrà dovuto digerire snocciolando l’intero rosario tra un segno della croce e l’altro. E alla fine, il leader Radicale ha deciso di interrompere con un caffè lo sciopero della sete che aveva ripreso subito dopo l’intervento chirurgico d’urgenza all’aorta addominale a cui è stato sottoposto lunedì notte. Ma «continuerò lo sciopero della sete e il Satyagraha – ha poi detto Pannella – accettando però di sottopormi a due trasfusioni di sangue nei prossimi giorni, secondo la prescrizione dei medici».

Cosa si siano detti per venti minuti i due anziani leader dalle opposte visioni del mondo non è dato saperlo, ma il tratto di conversazione diffusa da Radio Radicale sottolinea l’esortazione del Papa: «Ma sia coraggioso, Eh!!! Anche io l’aiuterò, contro questa ingiustizia…». Risponde Marco Pannella: «A favore della giustizia, Santità». Bergoglio promette un coinvolgimento diretto: «Io ne parlerò di questo problema, ne parlerò dei carcerati…». E Pannella, dopo aver ricordato l’impegno di Papa Wojtyla in favore dei reclusi, insiste: «Sì Santità! C’è una parola chiave…». Amnistia, vorrebbe dire, ma forse nemmeno la pronuncia. A chi gli chiede se di questo hanno parlato durante la telefonata giunta proprio nel giorno in cui i cattolici festeggiano San Marco, il vecchio abruzzese (84 anni tra pochi giorni, il 2 maggio) risponde: «Non posso dire di sì ma neanche di no».

E così ora è noto urbi et orbi che la situazione delle carceri italiane è «inaccettabile», tanto che «dovrebbe essere giudicata dal Tribunale di Norimberga», come aveva detto Pannella, sigaro in bocca, durante la conferenza stampa tenuta giovedì al Gemelli, appena 48 ore dopo l’intervento con cui i medici gli hanno asportato un’aneurisma all’aorta. Solo che la soluzione è tutta politica. E, amnistia a parte, passa anche – soprattutto – nell’Aula di Montecitorio, dove lunedì forse il governo potrebbe decidere di porre la fiducia sul decreto Lorenzin sulle droghe, quello che, per usare le parole del deputato di Sel, Daniele Farina, se poteva essere una «tragedia per fortuna evitata», è sicuramente però «un’occasione mancata». L’occasione di seguire le orme di Obama e mettere fine alla war on drugs che ha riempito le carceri, in Italia come negli States.