«La condizione iniziale sia che ambedue le parti lo chiedano. Noi siamo sempre disposti». Così ieri papa Francesco, sul volo di ritorno dagli Emirati, ha indirettamente risposto alla lettera inviata dal presidente venezuelano Maduro. Lo definisce «l’ultimo stadio delle cose che si possono fare», ma viste le passate dichiarazioni appare chiaro che il pontefice non intende in alcun modo avallare il golpe internazionale in corso.

Un golpe multinazionale sempre più inarrestabile. Dopo la decisione di 20 paesi europei di schierarsi con Guaidó, la dichiarazione approvata lunedì dal Gruppo di Lima segna un passo ulteriore verso il rovesciamento del presidente Maduro.

Riuniti a Ottawa, i paesi del gruppo, da cui si è sfilato il Messico, hanno ribadito il sostegno a Juan Guaidó come «presidente incaricato», accettando di incorporare nell’organismo il «legittimo governo del Venezuela» e respingendo le iniziative di dialogo proposte da vari attori internazionali come «manovre dilatorie» di Maduro «per perpetuarsi al potere».

Ma hanno fatto anche di più, rivolgendo un appello ai membri della comunità internazionale perché impediscano al regime bolivariano di realizzare transazioni finanziarie e commerciali all’estero, di avere accesso ai beni internazionali del Venezuela e di ottenere guadagni dalla vendita di petrolio o di altre risorse, ed esortando i militari ad appoggiare l’autoproclamatosi presidente a interim, consentendo l’ingresso e il transito degli aiuti umanitari alla popolazione.

Chiudendo gli occhi su immagini come quella di Guaidó in mezzo a un nugolo di microfoni, il gruppo ha chiesto di ristabilire urgentemente la piena libertà di stampa, nel momento in cui ai giornalisti dell’agenzia russa Sputnik e del canale multistatale Telesur, creato da Chávez, veniva negato l’accredito per la conferenza stampa. «Parlano di libertà – ha commentato la direttrice di Telesur, Patricia Villegas – e poi mostrano in ogni loro atto quanto ne ignorino il significato».

E come se tale offensiva possa risultare compatibile con una reale «transizione pacifica», i membri del gruppo – tra cui regimi dittatoriali, governi nati da precedenti colpi di stato, governi non eletti o nati da elezioni viziate da ogni genere di irregolarità, governi che massacrano i leader sociali, che affamano la popolazione, che reprimono le proteste popolari – si sono preoccupati di invocare il ricorso a «strumenti politici e diplomatici senza l’uso della forza».

A tale dichiarazione, definita «disgustosa e ridicola», Maduro ha risposto evidenziando come, in 200 anni di storia repubblicana, non si sia mai registrato «un processo di minacce, pressioni e aggressioni» come quello vissuto oggi dal Venezuela e assicurando che «non entrerà nessun soldato invasore, come se questo paese non avesse chi lo ama e lo difende».

Ma dal governo bolivariano è giunta una risposta anche ai governi europei che hanno riconosciuto Guaidó «presidente incaricato». In un comunicato di lunedì, il ministero degli Esteri ha annunciato che le relazioni bilaterali con tali paesi saranno immediatamente riviste, definendo la loro iniziativa come un «precedente pericoloso» per la convivenza pacifica tra le nazioni. E denunciando il loro «allarmante grado di subordinazione nei confronti della politica militarista guidata dal governo degli Stati uniti», il comunicato evidenzia come questi governi abbiano finito per schierarsi con «la parte più estremista della destra venezuelana, quella che, operando sotto la direzione di Washington, cerca disperatamente di assumere il controllo del potere politico che le è stato negato per decisione sovrana della maggioranza del popolo venezuelano».

E così, malgrado alla conferenza internazionale sul Venezuela di domani a Montevideo per iniziativa di Messico e Uruguay partecipi anche il gruppo di contatto creato dalla Ue, il riconoscimento di Guaidó da parte di tanti governi del vecchio continente contribuisce decisamente ad allontanare una soluzione negoziata della crisi. A questo punto del processo golpista, e forte di tanti riconoscimenti, il cosiddetto presidente incaricato, che non a caso diserterà la conferenza, non ha evidentemente alcuna intenzione di mettersi a dialogare con Maduro.