Cambia il Codice di diritto canonico della Chiesa cattolica e si stabiliscono pene più severe per preti pedofili, per corruttori, corrotti e intrallazzatori finanziari e per chi volesse ordinare prete una donna.

La revisione di quello che è, di fatto, il codice penale della Chiesa romana era iniziata nel 2007, quando papa Ratzinger diede mandato al Pontificio consiglio per i testi legislativi di studiare una revisione del Codice del 1983. Ora, dopo una serie di bozze, emendamenti e consultazioni, il lavoro è giunto al termine, e papa Francesco ha potuto annunciare, con la costituzione apostolica Pascite gregem Dei – datata 23 maggio, ma presentata solo ieri in Vaticano – la riforma del Codice di diritto canonico.

Ad essere modificato è il libro VI del Codice, dedicato alle «sanzioni penali nella Chiesa». Degli 89 articoli (canoni), ne sono stati modificati 63 e spostati 9, come per esempio il reato di abuso sui minori, finalmente inquadrato non più all’interno dei reati contro gli obblighi speciali dei chierici, bensì come reato contro la dignità della persona.

Si tratta quindi di una riforma corposa, che entrerà in vigore il prossimo 8 dicembre e che intende sottolineare il valore della giustizia (canonica) piuttosto che quello della misericordia. «In passato – scrive papa Francesco della Pascite gregem Dei -, ha causato molti danni la mancata percezione dell’intimo rapporto esistente nella Chiesa tra l’esercizio della carità e il ricorso, ove le circostanze e la giustizia lo richiedano, alla disciplina sanzionatoria. Tale modo di pensare, l’esperienza lo insegna, rischia di portare a vivere, con comportamenti contrari alla disciplina dei costumi, al cui rimedio non sono sufficienti le sole esortazioni o i suggerimenti». Invece, prosegue il pontefice, «la carità richiede che i pastori ricorrano al sistema penale tutte le volte che occorra, tenendo presenti i tre fini che lo rendono necessario nella comunità ecclesiale, cioè il ripristino delle esigenze della giustizia, l’emendamento del reo e la riparazione degli scandali».

«Negli ultimi anni – ha spiegato in conferenza stampa monsignor Iannone, presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi – il rapporto di compenetrazione tra giustizia e misericordia, ha subito, talvolta, un’erronea interpretazione, che ha alimentato un clima di eccessiva rilassatezza nell’applicazione della legge penale».

Cioè si è chiuso un occhio – e spesso anche due – su crimini gravi, come quelli di pedofilia, o sui reati economico-finanziari, contro i quali infatti si appuntano molte delle nuove norme, che non sono altro che la traduzione legislativa di molti discorsi e iniziative di papa Francesco su questi fronti, anche in seguito al moltiplicarsi degli scandali negli ultimi anni.

Nel Codice sono introdotti nuovi reati, come adescamento di minori o di adulti vulnerabili per abuso sessuale e possesso di materiale pedopornografico; per i chierici che usano minacce o abusi della propria autorità per costringere qualcuno ad avere rapporti sessuali è prevista la pena massima della dimissione dallo stato clericale (anche se continua a non esserci l’obbligo di denuncia alle autorità civili da parte dei vescovi). In ambito finanziario entrano l’appropriazione indebita di beni della Chiesa e la grave negligenza nella loro amministrazione, inserendo fra le pene anche il risarcimento del danno e la privazione della remunerazione ecclesiastica.

Non poteva mancare, però, una norma specifica contro le donne: il codice riformato prevede infatti la scomunica per chi ordina prete una donna e per la donna stessa.