Nel quinto giorno del suo viaggio in Messico, il papa ha visitato Morelia, capitale dello stato frontaliero del Michoacan, uno dei 5 più violenti: il terzo per numero di attacchi ai sacerdoti (8), su un totale di 15 attentati (13 morti ammazzati e due scomparsi) nei 3 anni di mandato del presidente neoliberista Enrique Peña Nieto. Secondo Omar Sotelo, direttore del Centro Catolico Multimedial – che monitora le cifre degli attacchi alla chiesa cattolica nel secondo paese per numero di fedeli al mondo, dopo il Brasile – vi sono state anche 520 estorsioni e minacce di morte a sacerdoti. E non sono rari i sacerdoti che dicono messa col giubbotto antiproiettile.

La chiesa di base chiede al Vaticano una presa di posizione ferma e un sostegno aperto che finora è mancato. Nel 2014, dopo l’assassinio del sacerdote Gregorio Lopez Gorostieta nella città di Altamirano (nel Guerrero, uno dei principali snodi del narcotraffico dove maggiore è il numero di preti ammazzati), il papa si è limitato a deplorarne la morte e a chiedere ai sacerdoti messicani di «continuare con entusiasmo» la missione ecclesiastica di fronte alle sfide. Ieri, durante la messa, ha invitato i cittadini e i religiosi a «non cadere nella tentazione della rassegnazione di fronte alla violenza e al narcotraffico, diventati una realtà e un sistema inamovibile».

Con i suoi 274 km di litorale sul Pacifico, il Michoacan è una delle principali rotte del narcotraffico verso gli Usa: sede dei principali cartelli della droga e segnato dalle conseguenze di 10 anni di «lotta al narcotraffico», il cui scotto vien pagato soprattutto dalla popolazione povera (oltre 55 milioni in Messico). E, per questo, una parte dei movimenti popolari ha criticato gli alti costi e l’ostentazione della visita del papa.

Tra il 2008 e il 2015, nel Michoacan sono state violentate 2.636 donne e si sono registrati in un anno 8 femminicidi. Nel 2013, la popolazione civile preda della violenza e dei trafficanti che si recano nelle case per «prendersi» donne e ragazze, ha deciso di organizzare proprie milizie di autodifesa, corpi civili armati definiti polizia comunitaria. A Morelia, il papa ha incontrato i giovani e ha detto una messa per i bambini, commovendosi davanti a quelli con handicap. Ha però finora glissato su uno dei punti più spinosi del suo viaggio nel Michoacan, che è stata la terra del sacerdote pederasta Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo e chiamato in causa per circa 100 casi di violenza sui bambini.

In compenso, Bergoglio ha esaltato la figura del “Tata” Vasco de Quiroga, missionario e difendore degli indigeni, il primo vescovo dello stato, noto come «lo spagnolo che si fece indio». Negli ultimi 10 anni, sono aumentate le profanazioni delle chiese cattoliche (oltre 3.000) per la crescita di culti come quello della Santa Muerte o di Jesus Malverde, considerato il santo dei narcos. E così, in Chiapas, Bergoglio ha optato per altri valori: nel solco di chi, come il vescovo Samuel Ruiz ha abbandonato il cammino della rassegnazione per schierarsi con coerente fermezza dalla parte degli ultimi. Bergoglio si è soffermato sulla tomba del vescovo «zapatista», morto nel 2011, considerato vicino all’Ezln e al subcomandante Marcos. Per molti anni, il Vaticano ha contrastato Ruiz e osteggiato aspramente il suo lavoro con gli indigeni nella diocesi di San Cristobal de las Casas.

Ruiz, sulla cui tomba Bergoglio ha pregato e deposto dei fiori, è chiamato Tatic: padre, in lingua tzotzil, una di quelle in cui ha fatto tradurre la Bibbia dopo aver abbracciato la Teologia della liberazione. Samuel Ruiz ha nominato anche 700 diaconi indigeni, con i quali Bergoglio ha detto messa in Chiapas, uno degli stati più indigeni del paese. Quando Samuel Ruiz arrivò a San Cristobal de las Casas, nel 1959, i nativi che camminavano per strada dovevano scendere dal marciapiede per cedere il passo a bianchi e meticci, e il loro salario era di 8 pesos, a volte solo di un pugno di fagioli. Allora, come molti altri «preti rossi» in America latina (in Colombia, Camilo Torres morì con il fucile in mano il 15 febbraio del 1966), Ruiz scelse il suo campo