Non c’è stata la ricomposizione dell’unità o l’annullamento delle differenze che da cinquecento anni dividono cattolici e luterani, ma è stato mosso un nuovo passo del cammino ecumenico che le due Chiese percorrono da cinquant’anni, alla ricerca di una comunione che oggi pare potersi fondare non tanto su «tavoli teologici» quanto su un impegno di solidarietà verso gli esseri umani sofferenti, in particolare i rifugiati.
È questo il senso della Dichiarazione congiunta firmata ieri dal vescovo Munib Younan, presidente della Federazione luterana mondiale (Flm), e da papa Francesco, nella cattedrale luterana di Lund, in Svezia, durante la Commemorazione ecumenica – 450 ospiti delle Chiese cristiane di tutto il mondo – che ha dato il via al cinquecentenario della Riforma protestante e ne ha ricordato il primo atto: l’affissione sul portale della chiesa del castello di Wittenberg, in Sassonia, il 31 ottobre 1517, delle 95 tesi di Martin Lutero sulle indulgenze.

«È molto più quello che ci unisce di quello che ci separa, siamo rami della stessa pianta», ha detto Martin Junge, segretario generale della Flm. «Non possiamo rassegnarci alla divisione, abbiamo la possibilità di riparare ad un momento cruciale della nostra storia, superando controversie e malintesi che ci hanno impedito di comprenderci gli uni gli altri», ha fatto eco papa Francesco – la prima volta di un pontefice romano ad una commemorazione della Riforma protestante -, riconoscendo il valore della «esperienza spirituale di Lutero» e i meriti della Riforma («ha contribuito a dare maggiore centralità alla Sacra scrittura nella vita della Chiesa»).
La Dichiarazione congiunta sottoscritta dai capi delle due Chiese indica un cammino che «dal conflitto» muove «verso la comunione», senza tuttavia negare le diversità. «Differenze teologiche sono state accompagnate da pregiudizi e conflitti, e la religione è stata strumentalizzata per fini politici», si legge nel documento. «Mentre il passato non può essere cambiato, la memoria e il modo di fare memoria possono essere trasformati»: si può e si deve rifiutare «ogni odio e violenza, passati e presenti, specialmente quelli attuati in nome della religione», «mettere da parte ogni conflitto» e «camminare verso la comunione».
È generico, ma è un mea culpa per una storia che ha provocato migliaia di vittime da ambo le parti ed è stata anche collusione, complicità e ricerca del potere. «Dobbiamo riconoscere l’errore e chiedere perdono», ha detto papa Francesco durante il suo intervento, dobbiamo riconoscere che la nostra divisione «è stata storicamente perpetuata da uomini di potere di questo mondo più che per volontà del popolo fedele», oggi «non pretendiamo di realizzare una inattuabile correzione di quanto è accaduto, ma di raccontare questa storia in modo diverso». Ha aggiunto Junge: «Impegniamoci, cattolici e luterani, per allontanarci da un passato oscurato da conflitti e divisioni e per camminare nella comunione», «non usiamo le pietre per scagliarle contro gli altri o innalzare muri di separazione e di esclusione, ma per costruire ponti e mense di condivisione».

Tuttavia non sembra dietro l’angolo la soluzione delle controversie teologiche che dividono cattolici e luterani. Più semplice, allora, realizzare l’unità nel comune impegno sociale. «Chiediamo a Dio ispirazione e forza per andare avanti insieme nel servizio, difendendo la dignità e i diritti umani, specialmente dei poveri, lavorando per la giustizia e rigettando ogni forma di violenza», afferma la Dichiarazione congiunta, che invita «luterani e cattolici a lavorare insieme per accogliere chi è straniero, per venire in aiuto di quanti sono costretti a fuggire a causa della guerra e della persecuzione, a difendere i diritti dei rifugiati e di quanti cercano asilo».
Parole che in serata, in un evento nella Malmö Arena in cui si sono avvicendate varie testimonianze – dalla Colombia, dal Burundi, dal Sud Sudan e del vescovo caldeo di Aleppo – sono diventate una dichiarazione di intenti tra Caritas internationalis e World service (l’organismo di servizio della Flm) per rafforzare l’impegno comune in favore di rifugiati, migranti e sviluppo sostenibile.