I politici e gli amministratori corrotti «dovranno rendere conto a Dio» delle loro azioni. Lo ha detto ieri papa Francesco durante l’udienza generale a S. Pietro. «Una persona corrotta sarà felice dall’altra parte?». No, il suo cuore è corrotto e «sarà difficile andare dal Signore», ha ammonito, evocando, senza nominarlo, l’inferno. Non è la prima volta che Bergoglio parla di corruzione. Lo aveva già fatto a marzo durante la messa in Vaticano per i parlamentari. E rilancia in giorni di inchieste e arresti, dall’Expo al Mose, dove sono emerse anche relazioni con enti ecclesiastici come il Marcianum (senza rilevanza penale). Dito puntato anche contro le aziende armiere, i padroni che sfruttano i dipendenti e gli organizzatori della tratta. «Pensate che questa gente che sfrutta le persone con il lavoro schiavo ha nel cuore l’amore di Dio? No, non hanno timore di Dio e non sono felici». E «penso a coloro che fabbricano armi per fomentare le guerre. Ma che mestiere è questo?», chiede il papa: «Fabbricano la morte, sono mercanti di morte. Che il timore di Dio faccia loro comprendere che un giorno tutto finisce e che dovranno rendere conto a Dio».