Impegno contro la «corruzione» e per la difesa della famiglia dalle «colonizzazioni ideologiche», sul fronte esterno. Rafforzamento della «collegialità» e di un’azione pastorale popolare, sul fronte interno. Si possono sintetizzare così le linee guida che papa Francesco ha indicato ai vescovi italiani aprendo ieri in Vaticano la 68ma Assemblea della Conferenza episcopale italiana (Cei).

Solitamente il discorso iniziale spetta al presidente della Cei, ma Bergoglio ha voluto avviare personalmente l’Assemblea, come aveva già fatto a maggio 2014. Il card. Bagnasco terrà questa mattina la sua prolusione, ieri non gli è stato lasciato nemmeno il tempo per il saluto iniziale di rito («ci siamo già salutati all’inizio», ha tagliato corto il papa), pubblicato sul sito della Cei.

Rispetto allo scorso anno, l’intervento di Francesco è stato breve e orientato lungo due direttrici: società e vita interna della Chiesa.

Non bisogna «essere timidi o irrilevanti nello sconfessare e nello sconfiggere una diffusa mentalità di corruzione pubblica e privata che è riuscita a impoverire, senza alcuna vergogna, famiglie, pensionati, onesti lavoratori, comunità cristiane, scartando i giovani, sistematicamente privati di ogni speranza sul loro futuro, e soprattutto emarginando i deboli e i bisognosi», ha detto Bergoglio ai vescovi.

E li ha invitati anche a difendere il popolo di Dio «dalle colonizzazioni ideologiche che gli tolgono l’identità e la dignità umana».

Parole “in codice” che è facile decrittare facendo riferimento a precedenti interventi del papa, che aveva già usato l’espressione «colonizzazione ideologica» a Napoli, a marzo, per identificare la cosiddetta «teoria del gender», definita uno «sbaglio della mente umana». E a Manila, a gennaio, aveva parlato di «ideologie colonizzatrici» che «cercano di distruggere la famiglia», intendendo unioni di fatto, contraccezione, coppie omosessuali.

C’è da scommettere che oggi Bagnasco riprenderà il tema, in maniera più esplicita e diretta.

Sul “fronte interno” Francesco ha invitato i vescovi a condurre scelte pastorali e ad elaborare documenti in cui non prevalga «l’aspetto teoretico-dottrinale astratto, quasi che i nostri orientamenti non siano destinati al nostro Popolo o al nostro Paese, ma soltanto ad alcuni studiosi e specialisti». Bisogna fare «lo sforzo di tradurli in proposte concrete e comprensibili».

E poi la «collegialità» – fra vescovi, preti, centro e periferia – sempre più debole, «sia nella determinazione dei piani pastorali, sia nella condivisione degli impegni programmatici economico-finanziari».

Così come è invece forte la tendenza a non dare spazio al dissenso: «Si organizza un convegno o un evento che, mettendo in evidenza le solite voci, narcotizza le comunità, omologando scelte, opinioni e persone». E toglie spazio ai laici, a cui vanno invece vanno lasciate «responsabilità a tutti i livelli» («politico, sociale, economico, legislativo»), senza bisogno del «vescovo-pilota, del monsignore-pilota o di un input clericale».

I lavori procederanno a porte chiuse fino a giovedì. Si parlerà della ricezione della Evangelii gadium, del prossimo convegno della Chiesa italiana (a novembre) e dei soldi dell’8 per mille, che dovrebbe registrare un calo delle firme a favore della Chiesa cattolica: dall’82% all’80%.