Alle camere riunite del Congresso, in precedenza avevano parlato Churchill e De Gaulle, Boris Yeltsin e qualche mese fa, con notevole strascico polemico, anche Benjamin Natanyahu. Non era mai accaduto però che lo facesse un leader religioso come ha fatto ieri il papa nel secondo giorno del suo viaggio americano. Presentato come «il Papa, della Santa Sede» dallo speaker John Boehner, è stato accolto con un caloroso appplauso dai 435 deputati e senatori del parlamento di Washington a cui ha rivolto un discorso in inglese durato poco meno di un’ora.

Il papa ha ringraziato per l’invito a parlare ai rappresentanti «nella terra dei liberi e la patria dei valorosi», citazione di una delle frasi più retoriche dell’inno nazionale che in bocca al gesuita sudamericano come Bergoglio ha acquisito un lieve sospetto di ironia, pur producendo il primo di diversi applausi che lo hanno interrotto. Francesco che si è dichiarato «figlio dello stesso continente» ha ripetutamente elogiato il paese ospite senza rinunciare ad alludere indirettamente alle sue mancanze. Ha più volte invocato ad esempio la tradizione democratica e civile degli Usa criticando allo stesso tempo il commercio di armi, xenofobia, disuguaglianza e manicheismo che certo riguardano non poco gli Stati uniti come l’occidente tutto.

In alcuni passaggi il messaggio di Bergoglio è sembrato indirizzato più direttamente ancora all’Europa dell’emergenza rifugiati che ha definito «la più grave crisi dai temi della seconda guerra mondiale». Parlando delle moltitudini che si stanno riversando a nord alla ricerca di vite migliori e maggiori opportunità, il papa ha detto che «non dobbiamo lasciarci spaventare dal loro numero, ma piuttosto vederle come persone, guardando i loro volti e ascoltando le loro storie» e «rispondere in un modo che sia sempre umano, giusto e fraterno». Parole incisive nel paese in cui l’attuale front runner repubblicano, Donald Trump, costruisce consensi conservatori sulla promessa di edificare un muro sul confine messicano, ma forse rivolte ancor più direttamente all’Europa dei rigurgiti nazionalistici.

Ad ascoltare in aula ieri erano presenti numerosi cattolici (lo sono il 30% circa dei deputati) fra cui alcuni pretendenti alla prossima presidenza come i repubblicani Chris Christie e Marco Rubio. Il segretario di stato e “partner diplomatico” del Vaticano sul disgelo cubano, John Kerry, cui Francesco ha tenuto a stringere la mano prima di salire sul podio affiancato da Boehner e dal vicepresidente Biden, entrambi cattolici praticanti. Ai legislatori di un organo profondamente diviso lungo linee ideologiche il papa ha parlato dei pericoli della polarizzazione e del riduzionismo che divide il mondo in precise categorie di bene e male, giusti e peccatori aggiungendo che la complessità del mondo contemporaneo con le sue «ferite aperte» esige distinzioni più sottili della semplice demonizzazione dei nemici. «Imitare l’odio e la violenza dei tiranni e degli assassini è il modo più sicuro per prendere il loro posto», ha aggiunto. «È (un meccanismo) che il popolo americano rifiuta».

È stato uno dei passaggi più simili davvero a una “predica” fatta ai propri ospiti, anzi visti i recenti trascorsi di interventi americani e di conflitti utili solo a traghettare intere regioni del mondo nel caos, è stato il momento in cui Francesco si è avvicinato al discorso shakesperiano di Marco Antonio nel Giulio Cesare: l’elogio retorico di Bruto per evidenziarne i difetti. Non solo, infatti, gli Stati uniti – anche quelli del progressista Barack Obama – danno scarse indicazioni di riflettere seriamente sull’opportunità del proprio egemonismo geopolitico, ma il manicheismo è un cardine fondamentale della politica e del carattere nazionale intriso di patriottismo ed eccezionalismo.

Un contesto cioè in cui le affermazioni, pur moderate rispetto alla recente media di Francesco, sono risaltate maggiormente. Davanti a un pubblico che comprendeva numerosi paladini repubblicani dello scontro di civiltà, il papa cattolico ha riconosciuto le atrocità odierne commesse nel nome di dio, aggiungendo che «nessuna religione è immune da forme di estremismo» e lanciando un monito contro ogni fondamentalismo e ogni «violenza perpetrata nel nome di una religione, un’ideologia o un sistema economico». Il papa non ha nominato il capitalismo, ma nella patria di Wall street sono ben note le sue vedute sul liberismo estremo e a Washington le sue allusioni hanno avuto un peso particolare.

Non tutto nel discorso è stato obliquo riferimento. Nell’ambito della tutela della vita in tutte le sue forme, il papa ha scelto di esporre senza ambiguità la sua critica alla pena di morte nel suo ultimo bastione occidentale. Sull’immoralità del commercio di armi il papa è tornato ad inchiodare l’ipocrisia dell’occidente: «Perché armi mortali sono vendute a coloro che pianificano di infliggere indicibili sofferenze a individui e societa?» Ha domandato. «Purtroppo, la risposta, come tutti sappiamo, è semplicemente per denaro: denaro che è̀ intriso di sangue».

Un filo conduttore del discorso è stata la giustizia sociale come valore assoluto della politica. «I nostri sforzi devono essere volti a riportare la speranza, riparare le ingiustizie, mantenere gli impegni», ha detto il papa, «nello spirito di solidarietà e della fratellanza». «Qualsiasi attività politica deve servire e promuovere il bene della persona umana». «Ne consegue che non può essere sottomessa al servizio dell’economia e della finanza», ma deve invece esprimere il «nostro insopprimibile bisogno di vivere insieme nell’unità, per poter costruire uniti il più grande bene comune: quello di una comunità che sacrifichi gli interessi particolari per poter condividere, nella giustizia e nella pace, i suoi benefici». Dette in un aula dove anche la tutela pubblica della salute viene regolarmente denunciata come anatema socialista, le parole hanno ancora una volta assunto un peso particolare. Se fossero rimasti dubbi su quale volto del cattolicesimo voglia sdoganare nel suo viaggio americano, Francesco ieri ha scelto di onorare la memoria di quattro americani: Lincoln, emancipatore degli schiavi, Martin Luther King combattente per l’uguaglianza, l’intellettuale cistercense Thomas Merton e Dorothy Day fondatrice del movimento Catholic Worker, militante pacifista, femminista e operaista protagonista di lotte sociali dalle suffragette all’opposizione alla guerra del Vietnam.

Dopo il discorso c’è stata la visita ad una mensa della Caritas di Washington e poi il papa è volato a New York, per i vespri alla cattedrale di St. Patrick seguito dal riposo in vista di un altro discorso, quello di oggi pomeriggio all’assemblea dell’Onu.