«Sabato prossimo mi recherò nell’isola di Lesbo, dove nei mesi scorsi sono transitati moltissimi profughi». La notizia era già nota da qualche giorno, ma ieri mattina, al termine dell’udienza generale in piazza San Pietro – proprio mentre l’Austria costruisce un nuovo muro anti-immigrati al Brennero e la polizia macedone spara lacrimogeni contro i migranti a Idomeni –, papa Francesco ha voluto annunciarlo direttamente ai fedeli, spiegando anche i motivi della sua visita: ci andrò, ha detto, «per esprimere vicinanza e solidarietà sia ai profughi sia ai cittadini di Lesbo e a tutto il popolo greco, tanto generoso nell’accoglienza». Con Francesco ci saranno anche due importanti autorità della Chiesa ortodossa: il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo (che l’ha invitato, insieme al presidente greco Paulopolus), e l’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, Hieronimus II.
L’arrivo di Francesco è previsto sabato mattina all’aeroporto di Mitilene, dove ad accoglierlo ci sarà anche il premier greco Tsipras. Quindi il papa, Bartolomeo e Hieronimus, dopo un momento di preghiera ecumenica al porto, getteranno in mare una corona di fiori, in ricordo delle vittime e poi visiteranno il campo profughi. In serata il rientro in Vaticano.
Una visita lampo che ricorda quella effettuata a Lampedusa, nel luglio 2013, il primo viaggio del pontificato di Bergoglio: entrambe piccole isole nel cuore del Mediterraneo e dell’Egeo – «divenuti un insaziabile cimitero, immagine della nostra coscienza insensibile e narcotizzata», aveva detto Francesco durante la Via Crucis al Colosseo, il venerdì santo –, punti di approdo per tanti uomini e donne in fuga dall’Africa e dal Medio Oriente, luoghi di accoglienza soprattutto grazie alla generosità degli abitanti, ambedue candidate al Nobel per la pace.
Una visita per esprimere «solidarietà» ai profughi e al popolo greco, ma anche per mettere sotto i riflettori il dramma delle migrazioni e sferzare l’Europa. «Il papa non fa degli atti di carattere direttamente politico, fa degli atti di carattere umano, morale e religioso estremamente significativi che richiamano però la responsabilità di ognuno – ha spiegato padre Lombardi, direttore della sala stampa vaticana –. Quindi, certamente è anche un invito ai politici ad agire nella ricerca delle soluzioni più umane, rispettose e solidali nei confronti delle persone che soffrono in questi grandi movimenti problematici del mondo di oggi».
Ancora più chiaro, e critico vero le politiche anti-immigrati dell’Ue, il cardinale Turkson, presidente del Pontificio consiglio Giustizia e Pace, intervistato dalla Radio Vaticana: «Dare una grande somma di denaro alla Turchia affinché quest’ultima fermi l’arrivo dei profughi, serve per l’interesse di chi? Forse l’Europa ora sarà un po’ più tranquilla, ma quanto tempo durerà questa tranquillità? Se queste persone non riescono ad arrivare via mare, troveranno altre maniere. Per giungere ad una soluzione di lungo termine, invece, dobbiamo fare tutto quello che possiamo per creare una situazione di pace».