La sezione Panorama della Berlinale ha annunciato il suo programma. O meglio uno dei suoi programmi, la parte di «finzione» – e Panorama Special -mentre rimane ancora «in sospeso» Dokumenta, la selezione dei documentari. Più che una sezione infatti, Panorama appare nella Berlinale (6-16 febbraio, www.berlinale.de) come una sorta di festival-nel-festival, assecondando così la filosofia postmoderna della kermesse tedesca. Il fatto cioè di esistere dentro a una grande metropoli e di esserne parte viva – ci sono già sold out per gli acquisti on line dei biglietti – e al tempo stesso di porsi come un appuntamento indispensabile (pensiamo solo al Mercato) per gli addetti ai lavori. E questo frammentando la centralità dell’offerta in molti, e diversi, festival possibili, le sezioni appunto, ciascuna autonoma per budget e gruppo di lavoro.

Panorama in realtà nacque come la sezione Glbt del festival, ideata da CC, morto diversi anni fa, che già allora era in sinergia con la Berlino underground, luogo aperto dove tutto era possibile per la sua posizione di «isola» dell’occidente nella Germania comunista. Il cinema più sperimentale, i kabarett travestiti, le feste di Rosa von Praunheim … Questa energia attraversava Panorama che ne coinvolgeva i protagonisti, e al tempo stesso si era una sorta di laboratorio nel quale gli immaginari gay, lesbici, trans e bisex, e quelli più irriverenti, mettevano alla prova la loro sfida estetica che era prima di tutto una dichiarazione politica.

Con gli anni la sezione è cambiata (ma rimane sempre il legame con il cinema e la parte glbt della città), ed è appunto cresciuta persino troppo (a volte si viene un po’ demotivati di fronte alla mole di film che presenta in cui si finisce per perdersi).

L’apertura, il 6 febbraio, è affidata Nuc (2030) di Nghiêm-Minh Nguyn-Võ, una sci-fi vietnamita che immagina una catastrofe globale, con gli oceani che inghiottono campi e fattorie, mentre le grosse corporation cercano di trasformare il disastro in profitto.

A inaugurare Panorama Special invece, come già annunciato, sarà Yves Saint Laurent, ritratto del geniale stilista, mentre Ira Sachs presenterà Love is Strange. Entrambi i film saranno l’occasione per ritornare allo Zoo Palast, la storica sede della Berlinale, nella parte ovest della città, riaperta quest’anno.

Trentasei i titoli selezionati in questa sezione di Panorama, alcuni dei quali firmati da cineasti amici come Elfisch Mikesch e Umut Dag, che aveva inaugurato Panorama nel 2012 col suo esordio Kuma. Qui troviamo quello che per ora è il solo film italiano alla Berlinale, In grazia di Dio, di uno dei nostri registi eccentrici, e raffinati, quale è Edoardo Winspeare. «Sono molto felice. Fin dall’inizio volevo andare a Berlino, festival che sento molto nelle mie corde, forse anche perché ho ho fatto la scuola di cinema a Monaco. Come negli altri miei film l’elemento locale è molto forte – l’ambientazione nel Salento, lavorare con attori del posto – ma il tema è universale: la metamorfosi della crisi economica, la crisi vista come possibilità, come un nuovo inizio» ha dichiarato. In Grazia di Dio, è infatti interamente girato in Salento, luogo di origine del regista, tra Giuliano di Lecce e Tricase, e interpretato da attori non professionisti (la protagonista è Celeste Casciaro, moglie di Winspeare). Protagoniste sono quattro donne di una famiglia che vive in un paesino, ai nostri tempi di crisi economica. Il fallimento dell’impresa familiare e il pignoramento della casa sembra distruggere tutto, anche i legami di affetto. L’unico modo per uscirne è trasferirsi in campagna, lavorare la terra e vivere con il baratto dei loro prodotti.

Tra gli altri titoli, è molto forte la presenza asiatica. Abbiamo Tsai Ming-liang, che presenterà il nuovo frammento della serie Walker, col titolo Xi You (Viaggio a occidente), una produzione francese con Lee Kang Sheng and Denis Lavant.

Dal Giappone arriva Ieji (Casa) di Nao Kubota, in cui il regista attraverso una storia familiare torna sulla catastrofe di Fukushima, mentre Night Flight (Corea del sud) LeeSong Hee tratteggia la dinamica di conflitto della società coreana nel rapporto di due studenti oppressi dall’idea del successo.

I selezionatori spingono molto l’esordio di Zhou Hao, ventuno anni, cinese, che in YE (La notte) ricorda Fassbinder, Genet e Wong Kar Wai. Rimanendo in Asia, il cartellone è riuscito a avere anche due maestri del cinema di Hong Kong come Dante Lam (That Demon Within) e Fruit Chan, che in The Midnight After ha adattato una serie on line in una chiave di misteriosa apocalisse.