Un milione di bambini sotto la soglia della povertà assoluta non ha il diritto ad una casa popolare o ad un alloggio sociale in Italia. Tra il 2007 e il 2012, sostiene l’Organizzazione non governativa Save the Children nell’Atlante dell’infanzia «L’Italia Sottosopra» presentato ieri a Roma, il loro mondo conosce anche la privazione alimentare (a Sud, nel primo quinquennio della crisi, la spesa media alimentare delle famiglie è calata del 5,8%). Un milione e 344 mila tra bambini e ragazzi, il 12% della popolazione di riferimento (uno su 10), sopravvive in alloggi senza servizi e con seri problemi strutturali. Se in paesi come la Svezia, l’Olanda e il Belgio superano il 30%, in Italia gli alloggi sociali, appartenenti alle cooperative, in affitto sono solo il 5,3% del costruito. Peggio fanno solo il Portogallo con il 3% e la Grecia con lo 0%, paesi che, insieme all’Italia, continuano ad essere privi di protezioni sociali.

Questo è uno degli aspetti più iniqui del welfare più arretrato d’Europa, risultato di un trentennio dove le diseguaglianze economiche sono cresciute a dismisura. I più colpiti sono i bambini figli di genitori disoccupati (+8,5%) o che vivono in famiglie monoreddito (+3,1%). Vittime di una politica che ha abolito l’equo canone, all’inizio del ciclo neoliberista e della bolla immobiliare, e oggi non prevede – come in Germania – il reato di «affitto usuraio» quando i prezzi superamo determinati parametri.

Su 290 mila sfratti emessi in Italia negli ultimi cinque anni, ben 240 mila sono per morosità. La provincia di Roma è in testa con una famiglia ogni 281 sfrattata per morosità. Le previsioni indicano un incremenento di 150 mila sfratti nel prossimo triennio. Si prepara una valanga che colpirà circa 30 mila famiglie, oggi «salvate», ma che non hanno alcuna prospettiva. Questo futuro, denunciato instancabilmente dai movimenti per il diritto all’abitare, attende anche i bambini che non potranno entrare nelle case sfitte. Solo a Roma sono 140 mila.

Nel mezzogiorno la povertà colpisce mezzo milione di minori, una «quota stratosferica» che investe, ad esempio, una coppia con due figli adolescenti per i quali arriva a spendere 1.312 euro al mese se vivono in una metropoli. Non va meglio al Centro dove lo stesso nucleo familiare spende 1.455 euro. In un’area metropolitana del Nord, una coppia con un figlio di tre anni spende 1.252 euro.

In un paese ipotecato dal fiscal compact cresce l’elenco dei comuni in fallimento. Qui vivono 650 mila minori (25.600 nel Lazio) che non possono ricevere i servizi sociali fondamentali tagliati. In questa situazione, per la prima volta dal 2004, rileva il rapporto, la percentuale dei bambini presi in carico dagli asili pubblici è calata dello 0,5%. Sulle spalle delle famiglie non pesano solo le spese per i servizi privati, ma anche delle cure. La crisi incide gravemente anche su questo aspetto. Se il bambino ha bisogno di un apparecchio per i denti, i genitori sono costretti a rinviare le cure in uno su tre casi. La spesa per i libri di testo a scuola si riduce di conseguenza. Il budget mensile delle famiglie povere è di 11 euro, una somma inferiore di 20 volte rispetto a quella investita dalle famiglie «abbienti». In una vita dove le possibilità si assottigliano, cambiano anche le abitudini alimentari. Si mangia a caso, troppo o troppo poco, in ogni caso disordinatamente. Il 22,2% dei minori è in sovrappeso, il 10,6% è obeso.

Sono questi i processi che investono la struttura economico-sociale e cambiano le abitudini dei cittadini. Cresce la vulnerabilità sociale, soprattutto se si considerano i tagli all’istruzione pubblica voluta da Berlusconi (Tremonti e Gelmini) nel 2008 e mai più rifinanziati da allora. Save the Children annota: l’Italia è ultima tra i paesi Ocse per competenze linguistiche e matematiche tra i 16 e i 64 anni e per investimenti in istruzione. Di conseguenza aumenta la dispersione scolastica (758 mila ragazzi), senza contare il 41,2% di disoccupazione giovanile. Nel Quinto Stato cresce l’analfabetismo «funzionale», la precarietà e l’inoccupazione tra i più giovani . «La recessione non è iniziata con la crisi dei mutui subprime – afferma Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia- ma deriva dal mancato investimento sulla formazione dei bambini. Da questa condizione se ne esce tornando ad investire sull’educazione».