Fin da quando nel 1977 il musicista canadese Raymond Murray Schafer pubblicò il suo celebre libro The Tuning of the World (in italiano tradotto come Il paesaggio sonoro), l’idea che i suoni e i rumori che ci circondano compongano uno scenario di cui è importante tenere conto è ormai entrata stabilmente nell’immaginario collettivo.

DEI NUMEROSI STUDI che hanno ripreso e sviluppato quest’idea, Napoli come non l’avete mai sentita di Claudio Corvino (Newton Compton Editori, pp. 381, euro 12) è probabilmente uno dei più originali e inventivi. È in realtà un volume che va ben oltre il suo titolo, perché indaga in maniera ampia e trasversale tutto ciò che si connette ai suoni, musicali o non, della vita quotidiana: non si tratta, insomma, solo di un lavoro su ciò che si ascolta a Napoli, anche se è ovviamente anche questo, quanto di un documentatissimo e penetrante saggio su ciò che il paesaggio sonoro genera in termini di relazioni interpersonali, di rapporti sociali, di universi simbolici.

L’autore, da sempre impegnato nella ricerca demo-etno-antropologica, si muove in quella che è la sua città come un flâneur, un vagabondo metropolitano, taccuino e registratore alla mano, sulle strade che si aprono da quel centro cittadino in cui ha vissuto per tanti anni.

I sempre più rari battiti dei fabbri delle strade nei pressi del vecchio porto, i clacson delle automobili in transito, lo stridore dei treni nella stazione, le voci dei venditori ambulanti, degli imbonitori e perfino dei truffatori, gli schiamazzi e gli stereo a tutto volume nei quartieri popolari (con le comprensibili urla dei vicini) ma anche gli sciabordii degli scafi nel golfo, le grida degli uccelli che si concentrano in alcune piazze cittadine, formano per l’autore un vero e proprio mosaico di senso che egli spiega con le più aggiornate teorie dell’antropologia culturale.

IL PAESAGGIO SONORO di Napoli, ma potenzialmente quello di qualsiasi altra città, si rivela essere il prodotto di una «interpretazione» che – osserva l’autore – sebbene sconti la perdita di quella competenza acustica che caratterizzava le culture contadine, resta comunque una costruzione culturale, capace di influire più di quanto si possa immaginare sulle trame sociali che si attivano in un consesso umano. Ecco allora, scrive Corvino, che «ogni suono, lingua, musica, ritmo mette in scena, drammatizza lo spazio urbano»: suoni e rumori, insomma, contribuiscono a determinare i nostri stessi comportamenti, agendo poi in maniera decisiva sul nostro sistema nervoso (e, dunque, sul nostro stato di benessere o di malessere) come prova l’ormai cruciale problema dell’inquinamento acustico, con un silenzio sempre più raro e un rumore che aumenta praticamente ovunque e che «isola e fa chiudere in se stessi, accentuando l’aggressività e facendo crescere la paura dell’altro».

LE RIFLESSIONI di Corvino, proprio perché si allontano da quella che sarebbe stata una possibile ma inevitabilmente scontata lettura in chiave musicale del paesaggio sonoro di Napoli, aiutano dunque a illuminare aspetti poco notati di questa città, mettendola in una prospettiva insolita e fornendo, nello stesso tempo, delle chiavi di lettura «esportabili» anche altrove.
A tutto ciò si aggiunge una inedita e ricercata forma letteraria, alquanto insolita per un autore che si è finora espresso per lo più secondo i codici della scrittura saggistica, che è un vero e proprio valore aggiunto alla ricchezza di questo libro, ingiustamente relegato in una collana regionale e «folklorica» ma che, col tempo, saprà conquistarsi lo spazio che merita nella ormai ampia letteratura sull’argomento.