Il 22 luglio 2011, la Norvegia subì una serie di gravi atti terroristici. L’allora trentaduenne Anders Breivik piazzò una bomba davanti alla sede del governo a Oslo; quello stesso giorno, sparò tra gli ospiti di un campo estivo organizzato dal partito laburista norvegese, colpendo a morte 69 giovani sulla vicina isola di Utøya. Alla fine, furono 77 le vittime.
Pochi mesi dopo la strage, il governo di Jens Stoltenberg, al suo secondo mandato, decise che sui luoghi degli attacchi sarebbe sorto un monumento nazionale. Continue polemiche però hanno ritardato l’inizio dei lavori e adesso minacciano la realizzazione stessa del memorial.

Nel 2013 otto finalisti, selezionati tra i partecipanti al concorso internazionale bandito dal governo, presentarono le loro proposte e nel febbraio dell’anno successivo l’artista Jonas Dahlberg (Udevalla, 1970) venne scelto per creare tre monumenti commemorativi – Memory wound, Time and movement, Dialogue for the future. Il primo, destinato alla penisola di Sørbråten, di fronte l’isola di Utøya, nel comune di Hole, e poi un’opera temporanea a Oslo. Quest’ultima avrebbe avuto la duplice funzione di monumento temporaneo, sostituito con un’opera permanente una volta terminati i lavori di ricostruzione nel quartiere degli uffici del governo (danneggiati dalle bombe del 2011). Fu stabilito che i lavori per il memoriale si sarebbero conclusi il 22 luglio 2015.
La proposta di Dahlberg per il monumento commemorativo rievoca la ferita inferta dagli attacchi terroristici attraverso una fenditura incisa nel paesaggio. Il suo progetto originale, infatti, prevede un percorso di circa dieci minuti nel bosco. La fine del sentiero conduce a un tunnel che si affaccia su un canale d’acqua: un promontorio creato artificialmente dalla fenditura, da cui è possibile leggere i nomi dei caduti, incisi nella pietra. Secondo il progetto, la pietra scavata a Sørbråten per realizzare l’apertura nella roccia sarà esposta a Oslo.

Nell’aprile del 2014, il ministro per gli affari comunali e la modernizzazione, Jan Tore Sanner, annunciò il rinvio del completamento del monumento commemorativo. Jørn Øverby, del partito conservatore locale Fremskrittspartiet (e portavoce del gruppo di ventidue residenti della località in cui è previsto il monumento di Sørbråten), ha fatto sapere che sono state intraprese vie legali per bloccare i lavori del memoriale. I residenti sono contrari alla realizzazione del monumento nel loro comune perché l’opera di Dahlberg comporterebbe delle «conseguenze psicosociali» e deturperebbe il paesaggio naturale.

A settembre scorso, il rifiuto definitivo: nessuna mediazione con i residenti locali, come richiesto da Dahlberg. «L’intenzione era quella di riavviare il processo e trovare un nuovo design per il memoriale, con il coinvolgimento dei residenti – ha spiegato l’artista – Sono convinto che il dibattito pubblico sui memoriali in Hole e di Oslo sia una parte importante del processo di lutto e che sia necessario per una comunità. Gli eventi del 22 luglio 2011 sono stati un atto di terrorismo politico. È più importante che mai approfondire le loro cause, soprattutto nel contesto politico attuale. Un memoriale che proponga uno stato di consenso, una forma di silenzio, minimizzerebbe gli eventi e renderebbe assai più facile dimenticare tutto con il passare del tempo». Nonostante i tre anni di lavoro per Dahlberg e il suo studio, gli abitanti di Hole non sembrano voler tornare sulla loro decisione.

Il caso del memoriale in Norvegia si aggiunge a una lunga serie di opere di arte pubblica rifiutate dal contesto locale e getta nuova luce sul ruolo dei monumenti contemporanei. Basti pensare al più recente caso italiano del murales di William Kentridge sul lungotevere di Roma.
Gli artisti sono avvertiti: quando un’opera è consegnata al suo pubblico, è quest’ultimo che ne determina il destino. La accetta, o, come in questo caso, la rifiuta definitivamente.