L’e-commerce relativo ai beni fisici nel nostro Paese è cresciuto del 31% nel 2020 e il 98% degli italiani ha acquistato online attraverso grandi piattaforme marketplace. Complice la pandemia, secondo l’osservatorio e-commerce B2C di Netcomm e il Politecnico di Milano gli acquisti hanno investito soprattutto i prodotti, piuttosto che i servizi. I beni fisici hanno visto transazioni per un valore complessivo di 23,4 miliardi di euro, 5,5 in più rispetto ai dodici mesi precedenti: un’impennata mai registrata prima. Il settore trainante è stato quello dell’hi-tech e dell’elettronica di consumo, per un valore di 6,2 miliardi di euro e con un incremento del 20% rispetto al 2019. Gli italiani non solo hanno speso di più, ma lo hanno fatto con maggiore frequenza.

LA CRESCITA DEL NUMERO DI TRANSIZIONI viene indicata dall’osservatorio in un +79%, investendo anche settori tradizionalmente meno inclini alla spesa on-line, come quello legato all’alimentare. Durante, ma anche dopo il lockdown, gli acquisti di cibo e bevande in Italia hanno guadagnato 2 milioni di consumatori, per una crescita del 10% circa del settore. Secondo il sondaggio di Netcomm, il 36% del campione sondato ha continuato ad acquistare alimentari on-line anche dopo la fine delle restrizioni: questo dato sembra supportare la tesi di chi sostiene che sia in atto una vera e propria modificazione dei consumi, che riuscirà a sopravvivere anche una volta terminate le dinamiche emergenziali. Sempre secondo Netcomm, l’e-commerce italiano è cresciuto in un solo anno tanto quanto avrebbe fatto in dieci, se non ci fosse stata la pandemia.

TRA I GIGANTI DELL’E-COMMERCE la società più nota al grande pubblico è probabilmente Amazon, che in Europa opera tramite la controllata Amazon EU. Al veicolo della società di Jeff Bezos fanno capo le divisioni nazionali di Italia, Francia, Spagna, Germania, Olanda, Polonia, Svezia e Regno Unito, che operano nelle vendite online e nella distribuzione di servizi streaming. Nel 2020 queste attività hanno generato ricavi per 43 miliardi di euro, in crescita del 36% rispetto al 2019 e l’Italia vale circa un decimo di questo fatturato. Parimenti è cresciuto anche il passivo – per una cifra vicino a 1,2 miliardi- su cui pesano nuovi investimenti e aumenti dei salari corrisposti per 400 milioni, con l’Italia che ha aggiunto circa 2.600 nuovi lavoratori a tempo indeterminato. Il totale di dipendenti nel nostro paese raggiunge così le 9.500 unità in 40 siti, non senza problematiche lavorative che hanno portato alla proclamazione dello sciopero dei dipendenti nella giornata del 22 marzo.

NEL FRATTEMPO AMAZON SI È RIVELATO un potente canale commerciale soprattutto per alcune realtà medio-grandi: secondo l’agenzia Agi, sono 600 le aziende italiane che hanno superato gli 850mila euro di vendite tramite la piattaforma. I partner locali hanno inoltre superato i 500 milioni di fatturato realizzati all’estero. Recentemente Amazon è finita sotto i riflettori anche per il proprio packaging: secondo l’associazione ambientalista Oceana, anche solo considerando i dati 2019, a livello mondiale la multinazionale avrebbe introdotto sul mercato ben 210mila tonnellate di pluriball, il classico sacchetto con le bolle che si usa per avvolgere gli oggetti da spedire.

LO STUDIO È STATO CONTESTATO dallo stesso gigante dell’e-commerce, che ha affermato di utilizzare solo 52mila tonnellate, meno di un quarto rispetto alle quantità indicate dagli ambientalisti. A prescindere dai numeri, nelle modalità di spedizione il gigante delle vendite on-line sta modificando in parte la propria politica: a seconda delle nazioni e dei prodotti, esiste la possibilità di selezionare il frustration free packaging. Selezionando questa opzione, l’acquirente può farsi spedire il prodotto in una singola scatola di cartone che sostituisce l’imballo originale, invece che aggiungere un pacco.

SECONDO LA SOCIETÀ DI BEZOS, negli ultimi dieci anni queste iniziative avrebbero portato all’eliminazione di oltre 244mila tonnellate di imballaggi, evitando l’uso di 500 milioni di scatole da spedizione, per un risparmio del 16% in termini di imballaggi. Ovviamente per Amazon la sostenibilità si somma ai vantaggi in termini di riduzione dei volumi in stoccaggio e spedizione. Su alcuni prodotti l’opzione è stata resa addirittura obbligatoria, suscitando però le ire degli utenti: è successo nel Regno Unito, dove sotto Natale diversi genitori hanno denunciato l’impossibilità di avere il pacco originale per i regali ai propri figli, lamentand l’aspetto “povero” della scatola. Anche in Italia sembra comunque che le preoccupazioni degli utenti non siano principalmente legate all’ambiente: secondo una ricerca dell’azienda di packaging DS Smith, il 35,5% degli intervistati ha affermato che la complessità degli imballaggi li ha portati a non acquistare più un determinato brand, e un quarto di loro ha dichiarato di non avere più ordinato prodotti online, semplicemente a causa delle difficoltà riscontrare nell’aprire le confezioni.