Ione Belarra è la nuova segretaria generale di Podemos. Non è proprio una sorpresa: la ministra degli affari sociali e agenda 2030, il ministero ostentato da Pablo Igesias prima di abbandonare il governo a fine marzo, era l’unica candidata a succedere al carismatico leader e fondatore del partito viola.

Domenica ha ottenuto l’86% dei voti dei militanti (hanno partecipato circa 53mila persone al voto, il 10% dei teoricamente aventi diritto – l’anno scorso erano stati in 59mila a ratificare l’elezione di Iglesias). Si tratta della quarta assemblea del partito fondato nel 2013 e la prima che non vede il suo fondatore fra i protagonisti.

Dei nomi della prima linea di 8 anni fa non è rimasto più nessuno: Pablo Iglesias, Carolina Bescansa, Juan Pablo Monedero, Íñigo Errejón (che ora guida un altro partito, Más País), Teresa Rodríguez, che assieme agli altri anticapitalisti è uscita definitivamente da Podemos poche settimane fa.

Ma la nostalgia per il fondatore è serpeggiata per i due giorni dell’assemblea del partito di questo fine settimana, anche se lui ha deciso di non farsi vedere per non oscurare la sua successora. «Grazie a Pablo Iglesias per averci insegnato che un militante deve stare lì dove è più utile», gli ha detto Belarra iniziando il suo discorso di accettazione.

La nuova leadership sarà marcatamente femminile: i nomi in prima linea sono quelli di Irene Montero, ministra dell’uguaglianza, della ministra del lavoro e vicepresidente del governo Yolanda Díaz, la cui leadership come futura candidata alla presidenza del governo è una delle cose che Belarra e il suo team vogliono costruire, e che è nel cuore di tutti i militanti come la candidata con maggiori chance di ottenere un buon risultato, Jessica Albiach, che guida i viola in Catalogna, Isa Serra, a Madrid.

Anche la carismatica sindaca di Barcellona Ada Colau domenica ha accompagnato Belarra, che ha lasciato alle sue colleghe presentare il suo programma per far capire che la sua sarà una leadership orizzontale, mentre hanno appoggiato la nuova leader con dei discorsi anche il capo di Izquierda Unida Alberto Garzón («Dobbiamo camminare uniti. L’avversario, il nemico, non distingue fra i viola, i verdi o i rossi. Tutti siamo un problema per i privilegiati», ha detto) o quello dei verdi di Equo Juan López de Uralde. Fra gli uomini che accompagneranno Belarra ci saranno Pablo Echenique, portavoce parlamentario, o l’economista e sottosegretario Nacho Álvarez, o il parlamentare Jaume Assens, punto di contatto con Ada Colau.

Proprio nelle stesse ore in cui la destra di nuovo si riuniva nella Plaza de Colón di Madrid – stavolta contro gli indulti che il governo sta preparando per scarcerare i leader indipendentisti e sbloccare la situazione politica catalana – Belarra chiamava a «costruire un nuovo paese contro l’odio di Colón». E ha aggiunto che «con 35 deputati e cinque ministri facciamo meraviglie, cambieremo quello che possiamo cambiare».

E in pieno spirito del migliore Podemos, ha annunciato che «noi non ci rassegneremo, non rinunciamo a nessun obiettivo: l’uguaglianza fra uomini e donne, l’accesso alla casa, la lotta contro l’emergenza climatica, ottenere la ridistribuzione della ricchezza, creare una azienda pubblica (energetica, ndr) che faccia fronte all’oligopolio e abbassi la bolletta della luce, che non si perseguitino cantanti che dicono che i Borboni sono ladri o ottenere che la Spagna sia una repubblica plurinazionale».

Ma attenzione, mette le mani avanti Belarra: «I cambiamenti saranno proporzionali alla forza di Podemos». In sostanza, Podemos vuole «un futuro in cui le persone possiamo avere la libertà di decidere che cosa facciamo con le nostre vite, con il nostro tempo, in cui le e i giovani possano avere un lavoro stabile e scegliere liberamente se vogliono essere madri o padri, o no, un futuro in cui smettiamo di ritardare l’età per il pensionamento, e la anticipiamo, con pensioni degne per le persone anziane che hanno lavorato una vita, e in cui le persone possano fare altre cose oltre a lavorare tutto il giorno e possano avere tempo per generare vincoli».

«Un futuro senza tanta paura, senza tanta depressione, senza tanta ansia». «Vogliamo un paese che meriti l’allegria, e non solo le pene», ha concluso.