Nelle Harper Lee è morta ieri. Avrebbe compiuto 90 anni fra un paio di mesi e passerà alla storia come l’autrice di un unico, splendido romanzo, uno di quelli che non cambiano solo gli orizzonti di una letteratura ma incidono sulla cultura generale e il modo di pensare di un popolo. Cambiano un po’ il mondo.

To Kill a Mockingbird, in Italia Il buio oltre la siepe, uscì nel 1960, squassò le classifiche e le coscienze, ricevette il Pulitzer, proiettò l’autrice da un giorno all’altro nella stratosfera dell’universo letterario, fece risuonare un campanello d’allarme che, in pochi, al momento riuscirono a sentire.

Pochi anni dopo il Movimento per i diritti civili prima, i ghetti in fiamme in tutta l’America poi, rivelarono quel che il libro aveva anticipato: che per il mondo della segregazione razziale era suonata l’ultima ora.

Cinque anni prima Rosa Parks si era rifiutata di lasciare il posto al bianco che lo reclamava, in ottemperanza alle leggi razziali imperanti in Alabama. Non era stata la prima, in realtà, però fu lei a diventare il simbolo della rivolta. Un lustro più tardi un’altra donna dell’Alabama, Harper Lee, dimostrò con il suo libro che non solo i neri ma anche i bianchi erano finalmente pronti per chiudere i conti con l’apartheid del Sud.

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La scrittrice con il padre, avvocato

Il grande silenzio

Le bibliografie descriveranno in futuro la ragazza di Monroeville, Alabama, come autrice di due romanzi, sommando al capolavoro giovanile un «seguito» che in realtà era stato scritto prima, quasi un brogliaccio, Va’ metti una sentinella, pubblicato l’anno scorso con un’operazione editoriale certamente lucrosa ma un po’ bieca che molto difficilmente la scrittrice avrebbe consentito, senza l’ictus che dal 2007 la aveva colpita e dal quale, pur essendosi ripresa, era stata poi sottoposta a un assedio sempre più stringente.

Dopo il folgorante esordio non aveva più pubblicato niente, si era limitata a dare una mano all’amico fraterno, e coprotagonista del Buio oltre la siepe, anzi unico romanzo, Truman Capote, nella raccolta dei materiali per quello che sarebbe diventato il suo capolavoro assoluto, A sangue freddo.

Nel 2011, quattro anni dopo aver ricevuto dal presidente Bush la Presidential Medal of Freedom, e un anno dopo essere stata insignita da Barack Obama, della National Medal of Arts, più o meno le massime onoreficenze squadernate dal medagliere a stelle e strisce aveva spiegato perché non aveva più scritto nulla negli ultimi cinquantuno anni: «Prima di tutto perché non ripasserei per quelle pressioni e quelle esigenze particolari per tutto l’oro del mondo. Secondo perché quello che avevo da dire lo ho detto, e non lo ripeterò di nuovo».

Tentativi e rinunce

Nonostante l’inchiesta svolta per verificare se la scrittrice avesse accettato di pubblicare ,travestendolo da nuovo romanz,o quella prima e poco riuscita versione del Buio oltre la siepe in seguito a coercizione abbia dato esito negativo, è poco probabile, per non dire impossibile, che Lee abbia dato in pasto ai lettori un libro così diverso, e così inferiore all’altro nel pieno possesso della propria volontà.

In due diverse occasioni, nel corso dei decenni, aveva ripreso la penna in mano: prima per dare a To Kill a Mockingbird un vero seguito, che si sarebbe dovuto chiamare The Long Goodbye, poi, negli anni ’80 del secolo scorso per registrare la storia di un serial killer che aveva flagellato la sua Alabama.

In entrambi i casi aveva preferito lasciar perdere, poco soddisfatta dai risultati.

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Harper Lee con Gregory Peck

Neppure di Go, Set a Watchman era mai stata soddisfatta, tanto che nei decenni non lo aveva mai tirato fuori dal cassetto e neppure lo aveva mai nominato. Non solo per il rovesciamento di prospettiva che subìsce il padre di Scout, la protagonista e alter ego dell’autrice: paladino dei diritti civili nel primo romanzo, pronto a sfidare il suo mondo per difendere un nero accusato di aver stuprato una bianca si rivela nel «seguito», ambientato vent’anni dopo il tragico processo, come un segregazionista, convintosi a sfidare i pregiudizi solo per una sorta di gelida fede nel primato dei codici e non per un generoso istinto di giustizia.

È l’elemento più vistoso e clamoroso. Si può capire perché il figlio di Gregory Peck, l’attore che nella trasposizione del romanzo, premiata con tre oscar nel ’62, aveva trovato il ruolo della propria vita e che dell’autrice era poi rimasto sempre amico, sia stato tra i più risentiti. Però lo scarto stridente è altrove.

Debiti letterari

To Kill a Mockingbird è uno dei migliori romanzi di formazione mai scritti, un libro sulla scoperta del mondo da parte di una bimba che riesce a tenere in magico e irripetibile equilibrio il punto di vista di Scout all’epoca dei fatti e quello della stessa persona, diventata donna, che li racconta a molti anni di distanza, in una tensione continua tra incanto e disincanto, tragedia e fiaba, per quanto gotica e spesso oscura.

Non c’è autore moderno americano che abbia scritto di bambini e adolescenti che non debba ad Harper Lee moltissimo, e forse nessuno ha contratto un debito più cospicuo di Stephen King e Joe Lansdale.

SCHEDA

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Nelle Harper Lee

Si può dire che il film tratto dal suo libro Il buio oltre la siepe (To Kill a Mockingbird, uccidere un usignolo) eguagliò il successo del romanzo. Diretto da Robert Mulligan e interpretato da Gregory Peck, Mary Badham, Robert Duvall, Philip Alford e Frank Overton, il film che uscì nel 1962, ricevette sette nomination agli Oscar e ne vinse ben tre; partecipò inoltre al 16° Festival di Cannes, aggiudicandosi il Premio Gary Cooper Award.

Dall’altra parte, il romanzo – premio Pulitzer e tradotto in più di trenta lingue – conta su circa quaranta milioni di copie vendute e rimane tutt’ora un classico irrinunciabile della letteratura americana, trasversale a ogni generazione che desideri confrontarsi con lo stile incisivo di una narrazione dedicata ai dirtti civili e al pregiudizio razziale dilagante negli anni Trenta negli Stati Uniti.

L’indimenticabile avvocato Atticus Finch è interpretato da Peck. Decisione e sensibilità sono le cifre profonde della sua condotta morale in un piccolo paesimo dell’Alabama sudista.

«I vicini portano da mangiare quando muore qualcuno, portano dei fiori quando qualcuno è ammalato, e altre piccole cose in altre occasioni – dice Scout, la bambina del romanzo -. Boo era anche lui un nostro vicino, e ci aveva dato due pupazzi fatti col sapone, un orologio rotto con la catena, un coltello… e le nostre vite. Una volta Atticus mi aveva detto: non riuscirai mai a capire una persona se non cerchi di metterti nei suoi panni, se non cerchi di vedere le cose dal suo punto di vista. Ebbene, io quella notte capii quello che voleva dire. Adesso che il buio non ci faceva più paura, avremmo potuto oltrepassare la siepe che ci divideva dalla casa dei Radley, e guardare la città e le cose dalla loro veranda. Accadde tutto in una notte, la notte più lunga, più terribile… e insieme la più bella di tutta la mia vita».

Il dramma che si respira nel film è lo stesso delle pagine consegnateci da Harper Lee che vide di buon occhio la scelta di Peck per il protagonista del suo libro.

In una breve ma rara dichiarazione rilasciata al giornalista Michael Freedland, Harper Lee ha affermato che la parte sarebbe stata per sempre di Gregory Peck, tanto gli era congeniale.

Dopo numerose offerte di trasformare il libro in un musical o in una commedia televisiva e i relativi e reiterati rifiuti, ha pensato che quell’attore sarebbe stato perfetto. Diversamente la scelta registica iniziale di proporre il ruolo a Rock Hudson non avrebbe avuto lo stesso successo.