La Lettonia lentamente entra nelle mappe dei luoghi letterari anche sul mercato editoriale italiano, con l’arrivo di una serie di traduzioni di opere di autori importanti della produzione del paese. Se del classico ottocentesco Rudolfs Blaumanis è disponibile La zattera di ghiaccio, uscito da Sellerio nel 1995, questo autore e vari altri più recenti sono usciti dalla appassionata casa editrice veneziana Damocle, che ha presentato peraltro i racconti di Nora Ikstena, di cui esce da Voland, a breve, un acclamato romanzo del 2015 che nel titolo originale si intitola Il latte della madre.

IPERBOREA INSERISCE il paese nel suo catalogo presentando il notevole Come tessere di un domino di Zigmunds Skujinš (traduzione e postfazione di Margherita Carbonaro, pp. 364, euro 18,50). Si tratta di un romanzo uscito nel 1999, in cui lo scrittore lettone, acclamato bestseller nel suo paese e tradotto in varie lingue, racconta la storia della sua terra attraverso una vicenda paradossale e una cronaca realistica, che si fondono nel continuo pendolarismo delle epoche. «Vi sembra che il Diciottesimo secolo sia ormai un lontano passato? Ma è possibile che la maniglia di questa porta sia stata toccata da qualcuno che ha conosciuto di persona Voltaire, il marchese de Sade, Robespierre o Diderot?».
L’autore inizia così la sua narrazione che continuamente gioca con tempi e piani: siamo in un Settecento provinciale e sonnacchioso, ma la guerra zarista contro l’Impero Ottomano, anche se si svolge a migliaia di chilometri, lascia segni profondi sulla vita delle persone. La baronessa Waltraute von Brüggen appartiene al fiore della nobiltà di Livonia, ossessionata dalla scomparsa del marito, disperso nel conflitto, si rivolge a un mago. Niente meno che Cagliostro è in tour in quelle terre; a lei nel corso di una cerimonia misterica si rivolge per avere notizie del suo amato. Il responso è inquietante e enigmatico: egli vive eppure no. Il gioco delle tracce la porterà a una scoperta sorprendente: una palla di cannone ha fatto a pezzi due ufficiali, e un chirurgo, dotato di poteri occulti, ha messo insieme le metà restanti di due uomini, creando un nuovo essere, che prima rifiuta e a cui poi si arrende.

L’AVVENTURA FILOSOFICA settecentesca, in cui la protagonista accetta, dopo un primo rifiuto violento, la realtà paradossale che le si offre, si incrocia con la cronaca dell’abbandono del paese da parte dei tedeschi, alla volta del Reich. L’identità, che prima non era così cogente, diventa l’argomento principale: le persone si affannano a creare alberi genealogici per dimostrare dove sia la loro patria. Eppure, fino a un anno prima: «era normale che le nazionalità fossero mescolate», in un intreccio complicatissimo di destini. Skujinš tiene in equilibrio con grazia una sequenza di vicende che sono paradossali sia sul versante fantastico, che in quello del racconto dell’epoca turbata della Seconda Guerra Mondiale, siglando un efficace e sfaccettato racconto filosofico sull’identità e i suoi miti.