Ben sapendo che prima della sentenza della Corte costituzionale sull’Italicum nessuna decisione potrà essere presa sulla legge elettorale – anzi, avendolo addirittura deciso nella riunione della commissione affari costituzionali del 20 dicembre, quando il capogruppo Pd Fiano si schierò con Forza Italia e M5S per rimandare la discussione a fine gennaio – il partito democratico di fede renziana riprende a fare ammuina sulla questione della riforma dell’Italicum. Legge elettorale imposta da Renzi con tre voti di fiducia, ma adesso inservibile dopo la vittoria dei No al referendum.

Prima il presidente del partito Orfini, poi il vice segretario del Guerini, ieri hanno chiesto di accelerare la discussione per una nuova legge elettorale che risolva il problema – creato dall’Italicum – delle due leggi inconciliabili oggi in vigore per l’elezione del senato e della camera. La richiesta è stata accompagnata da un ultimatum. «Abbiamo proposto il Mattarellum – ha detto Guerini – per andare immediatamente a un confronto rapido tra le forze politiche. Il Pd non è disponibile a perdere tempo». E Orfini ha aggiunto: «Questa legislatura può andare avanti qualche mese solo a patto che si cambi la legge elettorale. Nessuno può pensare di portare a spasso il parlamento per poi non decidere nulla».
Berlusconi, continuando a elogiare Gentiloni «per lo stile sobrio ed equilibrato», ha risposto con un altro no ai renziani: «Noi non vediamo altra soluzione che quella di un sistema elettorale proporzionale. Mi auguro che il governo traduca in concreto il proposito di facilitare un accordo su questa materia che ovviamente spetta al parlamento». L’intenzione del Pd resta quella di promuovere un «tavolo» formale tra i partiti all’inizio di gennaio, anche solo per registrare l’indisponibilità degli altri – con l’eccezione della Lega – sul Mattarellum. In questo modo Renzi avrebbe dimostrato che non può esserci alternativa al sistema che verrà fuori dalla sentenza della Consulta. Almeno mantenendo la prospettiva di un voto anticipato in primavera.

Ma quello di Renzi è ancora un azzardo. Per dare un minimo di credibilità al suo ultimatum, l’ex premier avrebbe bisogno che si realizzassero tre condizioni. Tutte poco probabili. Avrebbe bisogno che la Corte costituzionale ritagliasse l’Italicum in maniera tale da renderlo automaticamente conciliabile con il sistema oggi in vigore per il senato, il cosiddetto Consultellum (ma c’è il grande problema delle diverse soglie di sbarramento). Avrebbe bisogno che il presidente della Repubblica acconsentisse a sciogliere le camere senza una compiuta riforma della legge elettorale, quando appena pochi giorni fa Mattarella ha ricordato che «per consentire nuove elezioni» è necessario dotare il paese di leggi elettorali per camera e senato «omogenee e non inconciliabili» e soprattutto «pienamente operative affinché non vi siano margini di incertezza nelle regole». Infine Renzi avrebbe bisogno che tutta l’attuale maggioranza del Pd lo seguisse in questo azzardo, segando il ramo sul quale è seduto adesso il presidente del Consiglio. Non è scontato; differenze si registrano anche all’interno delle stesse correnti. Proprio ieri, mentre Orfini riproponeva con vigore il Mattarellum, il ministro della giustizia Orlando sentiva il bisogno di sottolineare che quella è solo la proposta del Pd: «Il problema è se poi diventerà la proposta di tutto il paese, perché altre forze politiche hanno delle riserve». Le stesse sue, peraltro.