Da sempre, da quando hanno iniziato a «mettersi in scena» una estate dopo l’altra a partire dagli anni 60, gli abitanti di Monticchiello, nelle loro belle mura affacciate sulla Val d’Orcia, hanno dialogato col mondo della loro terra e con quello di fuori, grazie alla capacità di usare il proprio vissuto e la propria memoria per farne terreno di incontro e di dialogo con qualsiasi spettatore arrivasse. Un tempo prevaleva la civiltà contadina e la sua modernizzazione, che ha voluto dire anche nuovi rapporti sociali da conquistare con lotte e fatica; e non minore è stata l’attenzione agli anni della Liberazione, nell’ambientazione tutta particolare delle campagne senesi. Da molti anni, dopo la scomparsa dei padri fondatori dell’iniziativa, la creazione annuale era continuata nei confronti invernali degli abitanti di Monticchiello, che si coagulavano poi nella scrittura e nella regia di Andrea Cresti, artista visivo che ha dato la sua impronta alle rappresentazioni di tanti anni.

PER LA PRIMA volta, quest’anno, è avvenuto, con tutti gli inevitabili sussulti che questo ha comportato, il passaggio di testimone, anche se il testo era stato già approntato da Cresti, ma la messinscena viene firmata da un nuovo regista, chiamato per l’occasione, Manfredi Rutelli . Quello che va in scena, fino al 14 agosto (eccetto lunedì 29 e martedì 30) è proprio, fin dal titolo, il racconto di questo Stato transitorio. Che come sempre per gli «autodrammi» di Monticchiello, non sono mai pura cronaca autoreferenziale, ma sono capaci di rispecchiare ed esprimere una condizione, che riguarda in maniera acuta l’intero nostro paese, e non solo il nostro.

GERARCHIE, poteri, sbocchi, possibilità di confronto, insomma l’intera vita «democratica» in senso classico, tornano a rischio. Manca, o è coartato, il ricambio generazionale, e il potere che la «fantasia» sembrava potesse prendere, è represso da sovranismi e demagogismi che rischiano di inibire libertà acquisite che tornano faticose e impervie. Il teatro, anzi il «fare teatro», torna così ad essere per i cittadini di Monticchiello la grande chance per superare problemi e costrizioni, paure e limitazioni imposte. La paura dell’isolamento nella vecchiaia per la mancanza di un ricambio, l’accerchiamento da parte di una informazione «pilotata», la solitudine dell’ostinarsi a cercare risposte nel confronto, non suonano astratte sul palcoscenico montato in piazza. Che si rivela anzi l’agorà proficua che permette di andare in scena a pieno titolo. Tra emozioni e risate, dove l’onestà intellettuale (altro che furbizia contadina)ricca dell’esperienza acquisita, porta a una fertile serata di confronto e piacere col pubblico.