Dodici anni sono trascorsi dall’ultimo lavoro dei Delta V, la creatura di Carlo Bertotti e Flavio Ferri che oggi vede alla voce Martina Albertina, detta Marti. «Avevamo smesso di fare musica perché non avevamo altro da dire, ci siamo fermati e abbiamo fatto altro. Ora sentivamo che era arrivato il momento di tornare». Heimat – il disco – (Rca Records/SonyMusic) ha un titolo suggestivo preso in prestito dalla saga cinematografica di Edgar Reitz. Significa «patria» ma è anche accezione di «appartenenza», o «ritorno a casa». Un processo ideale in un periodo di profonda crisi e insicurezze.

«Noi – spiega la band – non abbiamo la pretesa di raccontare la vita e il quotidiano di un popolo come nel film che citiamo, semplicemente cerchiamo di riportare ciò che vediamo oggi e quello che pensiamo di aver visto prima. Non vogliamo parlare di politica perché sarebbe un discorso troppo ampio, certo il grande problema degli italiani è una sorta di rabbia latente, che li porta ad avere sempre un conto in sospeso con il passato, a gettare ad altri le responsabilità». Un lavoro intenso fatto di suoni e parole, dove l’elettronica calda e avvolgente – il loro tratto caratteristico, si sposa con melodie, armonie e dissonanze, sui cui si impone la bella voce di Marti.

UNDICI PEZZI: da Il cielo che cambia colore fino a Disubbidiente, con una sola cover – come da tradizione per il gruppo. E se agli esordi i Delta V non avevano avuto alcuna remora a rivoltare un classico come Se telefonando, stavolta onore (e onere) tocca a una canzone dei CCCP Io sto bene, uscito nel 1986: «L’abbiamo incisa dopo averla ascoltata in un concerto di Lindo Ferretti, ma l’abbiamo rifatta a modo nostro. E siccome temevamo il giudizio degli autori e dei loro fan, abbiamo voluto farla ascoltare sia a Zamboni – che ci ha dato il suo benestare – e soprattutto Ferretti. Lo abbiamo incontrato e ci ha detto che gli era piaciuta moltissimo perché non era copia pedissequa dell’originale ma qualcosa di personale».

PRODOTTO da Paolo Gozzetti, Heimat getta uno sguardo sul passato passando dalla giovinezza a tratti bucolica di Domeniche di agosto, per soffermarsi sugli inquieti settanta di 30 anni, con il suo racconto di una generazione cresciuta negli anni di piombo, come descrivono anche nel video omonimo, che si chiude con «I ragazzi stanno bene», citazione degli Who di The Kids are alright. Disco bello e sofisticato, forse troppo per il mercato mainstream attuale? «Si, ma a noi piace fare le cose con passione e senza un secondo fine». Heimat si congeda sulle note del Disubbidiente: «La disubbidienza è sinonimo di vitalità. Dai conflitti nascono cose meravigliose». Due le date di presentazione del disco a marzo, il 6 ai Magazzini generali di Milano e l’8 all’Hiroshima Mon Amour di Torino. Il tour vero e proprio è previsto per l’estate.