Oggi il movimento Lgbt italiano scende in piazza per riaffermare con forza la sua centralità nel cambiamento di questo paese. Le nostre battaglie sono ancora apertissime e richiedono l’impegno di tutti, non bisogna arretrare di un solo millimetro, soprattutto ora. Negli ultimi mesi le tante anime del movimento hanno dato prova di essere unite, di vedere la diversità come incontro e non come discrimine.

Fino all’ultimo siamo stati davanti al senato, fino all’ultimo abbiamo sperato che il disegno di legge Cirinnà potesse essere un primo passo nel lungo cammino che ci separa dal riconoscimento di uguali diritti e uguali doveri per tutte e tutti. Purtroppo non è andata così, e al teatrino al quale abbiamo assistito ci si è dimenticati di chi, non avendo voce, dovrebbe essere ascoltato con più attenzione e cura, mi riferisco ai figli e alle figlie di tante famiglie (perché questo è quello che sono) italiane.
La notte in cui il governo ha deciso lo stralcio della stepchild adoption, eravamo a pochi passi da palazzo Madama, fermi attoniti davanti alla radiolina con cui seguivamo la diretta. Gli sguardi di tanti attivisti, di tante mamme a papà arcobaleno sono diventati cupi e tristi. Il loro dolore e la loro esasperazione sono gli stessi di chi come me, pur non avendo figli, si batte al loro fianco perché un giorno può pensare di diventare genitore.
Abbiamo sentito uscire dall’Aula del senato ogni genere di ipocrisie e di insulti ai nostri amori e alle nostre famiglie, da parte di alcuni senatori che erano stati chiamati a prendere decisioni sulle nostre vite. Mai in nessun altro paese europeo il dibattito parlamentare sulle unioni civili ha assunto dei toni così grotteschi , vergognose aggressioni personali alla nostra dignità sono diventate ordine del giorno. Questa legge poteva essere la grande occasione di tutta la classe politica italiana per riavvicinarsi alla gente, per riallineare l’Italia agli altri paesi europei in tema di diritti . In piazza, durante le manifestazioni e i presidi, ho sentito da vicino la passione di tante persone convinte di stare partecipando attivamente al cambiamento e mi piace pensare che questa passione fosse la stessa che animava le piazze durante le grandi mobilitazioni sui temi morali che hanno cambiato l’Italia.

Di questa vicenda ricorderemo invece i tristi interessi di partito e cercheremo di dimenticare il vuoto processo morale imbastito dalle forze clericali e reazionarie, buone a sbatterci in faccia il bigottismo nostrano con cui ancora oggi dobbiamo confrontarci. Nel momento in cui hanno sentenziato la nostra incapacità di essere dei bravi genitori, non hanno attaccato solo le famiglie arcobaleno ma anche la dignità di ogni singolo omosessuale italiano, dipinto come un cittadino diverso dagli altri. Noi siamo nati liberi di provare quell’amore genitoriale che niente, figuriamoci una legge, può permettersi di mettere in discussione. È anche e soprattutto per questo, che la nostra lotta deve continuare e continuerà.
Tante persone saranno contente e soddisfatte di vedere finalmente approvate delle norme che riguardano le nostre relazioni sentimentali, ma la legge che sta per essere approvata anche alla camera (speriamo rapidamente) non è che la prima delle nostre richieste. Non possiamo fermarci, già da oggi in piazza dobbiamo definire e fissare i nostri prossimi obiettivi, mostrare alla politica e al paese quell’orizzonte che la società ha già iniziato a tracciare da molti anni, proponendo da subito la nostra visione di futuro a cui non rinunceremo mai. Il nostro futuro si chiama matrimonio egualitario, piene adozioni, interventi contro l’omofobia, azioni e norme a favore delle persone transessuali e tanto altro. La sfida che lanciamo oggi all’Italia è la laicità. Un paese più laico, in cui i diritti sono riconosciuti a tutte e a tutti senza nessuna discriminazione, un paese in cui per conquistare un diritto non si debba lasciare indietro qualcuno è, ne sono certo, un paese libero.

L’autore è il presidente del circolo Mario Mieli