Nelle ultime ore, la prospettiva che siano i dieci deputati del Democratic Unionist Party a fornire l’unica stampella al governo conservatore di Theresa May, fa si che nubi oscure si assiepino dense sui cieli irlandesi. Non tanto per il prevedibile rallentamento del già faticosissimo processo di pace che vedrà gli oltranzisti del Dup nel doppio ruolo di negoziatori e arbitri, o per la loro notoria omofobia, per il fanatismo, per il conclamato razzismo e per i sospetti di corruzione che aleggiano sui suoi vertici; ma principalmente per il rischio di un ritorno a un passato buio fatto di collusioni con le fazioni più deteriori del paramilitarismo lealista, e con le frange più ortodosse e conservatrici dell’orangismo.

Un tema caldo che torna ogni estate, ad esempio, e che negli ultimi anni è stato tenuto sotto controllo, è quello delle sfilate orangiste che si tengono a ridosso del 12 luglio in Irlanda del Nord. Sfilate spesso ammiccanti alle squadracce che hanno terrorizzato la popolazione cattolico-repubblicana e che mai hanno deposto davvero le armi. Uno dei temi di negoziazione tra Arlene Foster, leader del Dup e Theresa May sembra essere proprio la questione di consentire il passaggio di queste marce pericolose attraverso i quartieri cattolici, di recente vietate da una apposita commissione. Tra le più rischiose vi è quella che attraverserebbe la cattolica Garvaghy Road a Portadown.

Altro punto sul tavolo l’insabbiamento dei crimini di guerra commessi da soldati e membri delle forze di polizia britanniche durante gli anni del conflitto. Il pericolo dell’impunità è stato sventato negli ultimi anni dalle campagne dei repubblicani che si sono battuti affinché la pacificazione non implicasse la non punibilità per i reati commessi. Con il Dup, che tra i partiti del Nord è stato il più implicato nella difesa teorica e pratica di forme di violenza politica, lo scenario assume tinte sinistre.

Sullo sfondo vi sono poi le accuse di corruzione che hanno coinvolto di recente membri di punta del Dup per lo scandalo legato alle energie rinnovabili, che ha portato alla dissoluzione del parlamento di Stormont (Belfast), e all’attuale impasse nei dialoghi con Sinn Féin. E ciliegina sulla torta, il massiccio contributo finanziario del Dup stesso alla campagna per la Brexit, con la richiesta, sembra, a May di coinvolgere uno screditatissimo Nigel Farage nelle negoziazioni con l’Unione Europea.

Non a caso i cosiddetti backbenchers del partito repubblicano, ovvero i membri del parlamento che non hanno incarichi ufficiali, hanno già mostrato il proprio fastidio verso l’improbabile alleanza con l’estrema destra irlandese, attribuendo a May la doppia colpa del fallimento elettorale e della svendita degli ideali del partito per una sopravvivenza i cui tempi e ritmi vengano dettati da un manipolo di bigotti del Nord Irlanda.

Sul versante della repressione, d’altro canto, già si fa sentire il cambiamento repentino del vento che spira sulle sorti dell’Irlanda del Nord. Nel pomeriggio di ieri membri della polizia nordirlandese hanno fatto irruzione nella sede di Saoradh a Falls Road sigillandola per ore e non consentendo a nessuno dei membri del neonato partito repubblicano-socialista di accedervi.

Le discussioni per il ristabilimento del potere condiviso tra repubblicani e unionisti sono comunque iniziate a Belfast, ma il monito di Foster riguardo al futuro governo britannico – «Partecipiamo alle negoziazioni avendo a cuore l’interesse nazionale. L’Unione è la nostra stella cometa» – pare più una minaccia a Sinn Féin che un proposito di buon governo dell’Irlanda del Nord.