Non c’è accordo sul nucleare iraniano. I negoziati tra i paesi del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con la Germania (P5+1) e le autorità iraniane restano congelati fino al 24 novembre prossimo. Non è stata rispettata la scadenza del 20 luglio, stabilita a Ginevra il 24 novembre 2013, per la stesura dell’intesa definitiva, nonostante l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) abbia ammesso lo sforzo di trasparenza delle autorità iraniane. Il Segretario di Stato John Kerry ha confermato che le sanzioni resteranno in vigore ma ha assicurato che gli Usa consentiranno all’Iran l’accesso a 2,8 miliardi di dollari in fondi, fin qui congelati a causa del programma nucleare. Sui colloqui ha pesato il ruolo iraniano nelle crisi regionali, dall’Ucraina all’Iraq, all’Afghanistan ma soprattutto l’asse tra tecnocrati iraniani e nomenclatura russa, con la sottoscrizione di ingenti accordi energetici.

L’accordo di Ginevra del 24 novembre 2013 ha sancito il riconoscimento del diritto iraniano di proseguire nel suo programma nucleare a scopo civile. Per discutere di nucleare, abbiamo incontrato il premio Nobel per la pace Shirin Ebadi. Componente del gruppo di intellettuali laici e comunisti anti-shah, Kanun e-Nevisandegan, prima di lasciare l’Iran, Ebadi ha lottato per esercitare il lavoro di avvocata, nonostante il governo ritenesse che non fosse mestiere per donne. Ha difeso gli intellettuali liberali anti-regime Daryoush e Parvaneh Forouhar, uccisi nel ’98 da elementi del ministero dell’Intelligence. Nel 2000, ha diffuso un video in cui venivano provati attacchi fisici, perpetrati da attivisti radicali, contro sostenitori dei riformisti. Nel 2009, ha denunciato la confisca della medaglia ricevuta con il Nobel per aver rifiutato di versare 410 mila dollari all’erario iraniano in tasse sul premio di 1,3 milioni.

Come giudica lo slittamento dell’accordo di Ginevra sul programma nucleare?

L’accordo è solo rinviato. Sono soddisfatta dell’intesa che l’Iran aveva raggiunto a Ginevra lo scorso anno. Sin dal 1984 sono apparsi sulla stampa israeliana articoli dal titolo: «L’Iran è vicino ad avere una bomba atomica». Questo dimostra l’uso strumentale che la comunità internazionale ha fatto dell’argomento. Ora spero che le sanzioni vengano gradualmente cancellate.

Qual è il prossimo passo?

Mi chiedo cosa succederà ora con il reattore di Bushehr. E poi dove e come verrà costruito il secondo reattore? È necessario che gli specialisti discutano dei pericoli che si corrono nel costruire reattori in zone sismiche. Non possiamo accettare che vengano prese decisioni senza dibattito scientifico, non vogliamo che in Iran ci sia la prossima Fukushima.

È una critica specifica ai punti salienti dell’accordo di Ginevra?

Non posso che felicitarmi se l’Iran fermerà l’arricchimento dell’uranio al 5%. Ma credo occorra aprire una riflessione sui costi del nucleare. Lo stesso Mahmud Ahmadinejad (ex presidente radicale, ndr), prima di essere azzittito, aveva parlato di costi cinque volte superiori rispetto a impianti convenzionali per la produzione di energia. Per continuare con il programma nucleare, non dovrebbe contare tanto che i paesi vicini abbiano l’atomica, ma che importare uranio è molto più costoso dell’estrazione di gas. In tutto il Medio oriente dovrebbe nascere un’area denuclearizzata, da Tel Aviv a Islamabad.

Vi sono state uccisioni mirate di ingegneri coinvolti nel programma nucleare

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E non si può neanche tacere sugli ingegneri contrari al nucleare, come Omid Kobabi, che per aver opposto l’obiezione di coscienza è in prigione. Il programma nucleare era concepito negli interessi militari del paese, ora serve gli interessi del governo. Ma non è detto che dotarsi di un programma nucleare vada negli interessi del popolo iraniano, delle sue necessità energetiche. Il nostro scopo è favorire il dibattito scientifico, economico e ambientalista sull’energia nucleare.

Lei ha promosso il documento National Dialogue on Nuclear Energy, siglato da 83 ong e 300 tra attivisti e intellettuali iraniani e non. Che effetti ha sortito?

Chiedevamo negoziati trasparenti e prolungati. Eppure le autorità iraniane ci spingevano a non interferire per non far fallire il negoziato.