«Il no dei greci è l’ennesimo segnale della voglia di cambiamento che c’è in Europa». Parla José Manuel López (Madrid, 1966) dirigente di Podemos, candidato alla presidenza della Comunidad de Madrid alle amministrative di maggio e attuale portavoce del gruppo viola nel parlamento madrileno.

Alla fine ha prevalso il gran rifiuto. Che significa per Podemos?
E’ una grande gioia. Applaudiamo sia la scelta di interpellare i cittadini su questioni cruciali, sia ovviamente il risultato: permetterà alla Grecia di fare da apripista nel lungo cammino verso una nuova Europa.

Le forze che lottano contro l’austerità, come Podemos, in che modo possono appoggiare la battaglia dei greci?
Portando avanti un’idea di Europa più giusta in tutte le sedi istituzionali. Nel parlamento europeo noi ci siamo sempre espressi contro l’austerità: è un dato di fatto che le ricette della troika non hanno aiutato a risolvere i problemi economici dell’eurozona. Continueremo su questa strada sia a Bruxelles, sia nel contesto spagnolo, dove le politiche neoliberiste sono incarnate da governo di Mariano Rajoy.

Al proposito: sia il premier spagnolo, sia Schulz sono intervenuti duramente contro Tsipras, agitando lo spauracchio della uscita dall’euro in caso di vittoria del no…
Quello di Schulz è stato un tentativo di seminare il panico alla vigilia del voto, che peraltro si è sommato a quello dei leader delle forze conservatrici greche. Inutile dire che si è trattato di atteggiamenti fuori luogo: per quanto riguarda Schulz, per la carica che occupa; nel caso dell’appello autoctono al sì, perché è venuto dai rappresentanti di quei partiti che hanno contribuito a gonfiare il debito greco e che hanno affondato il paese.

E Rajoy? La sensazione è che abbia attaccato la Grecia per difendere le politiche di austerità attuate in Spagna…
Forse in parte è così, ma penso che le sue parole («se vince il no non ci sarà altra soluzione per la Grecia che l’uscita dall’euro», ndr), siano state dettate più che altro dalla volontà di riaffermare la sua vicinanza alle istituzioni europee.
Crede che il risultato del referendum possa in qualche modo avvantaggiare Podemos alle elezioni generali di novembre?
Non credo che gli spagnoli andranno a votare pensando a quello che è accaduto in Grecia, dove oltretutto la situazione politica e economica è differente. È vero però che la vittoria del no è l’ennesimo segnale della voglia di cambiamento che serpeggia per l’Europa, e in Spagna il cambiamento è rappresentato da Podemos.

Il referendum greco potrebbe essere esportato in Spagna?
È una questione che non si pone perché, ribadisco, nonostante la tentazione di tracciare facili parallelismi, i due scenari non sono comparabili. Però i referendum sono uno strumento affine all’idea di democrazia di Podemos: se si discute una questione importante è giusto rimettere la decisione ai cittadini.

Che futuro prevede per la Grecia?
Si parla molto del futuro greco in relazione alla sua permanenza nell’euro, un altro spauracchio agitato dalle istituzioni e dai sostenitori dell’austerità per distogliere l’attenzione dal vero nodo della questione greca, che è il debito, o meglio, la sua ristrutturazione. Io – come ha detto lo stesso Tsipras – sono convinto che la Grecia, nell’interesse di tutti, non possa abbandonare la moneta unica. Il futuro della Grecia non sta nel falso dibattito sulla permanenza nell’euro, ma nelle trattative per la revisione, inevitabile, di questo debito impossibile da pagare. Va da sé che con la vittoria del no i greci abbiano conquistato una posizione molto più solida in questa vitale negoziazione.