Ho letto l’articolo di Monica Di Sisto relativo al ruolo del governo italiano nella negoziazione dell’accordo di libero scambio con gli Usa. Ritengo che sia dovere del governo confrontarsi con tutte le posizioni e dare risposte, nel merito, a tutti gli interlocutori anche quando gli argomenti utilizzati rappresentano una lettura chiaramente parziale e non oggettiva. Il governo ha preso il negoziato sul Ttip molto seriamente ed ha compiuto i seguenti passi:

  1. abbiamo commissionato un’approfondita analisi di impatto del Ttip per quantificare rischi e opportunità per l’Italia.
  2. abbiamo portato avanti con forza, in tutte le sedi, e ben prima che iniziasse il semestre di presidenza, una nostra proposta per la chiusura di un «interim agreement» che lasciasse da parte i capitoli del negoziato troppo controversi perché siano chiusi, proprio perché legati a differenti sensibilità culturali e sociali. Abbiamo anche tratteggiato i contenuti di questo possibile «interim agreement» che potrebbe riguardare tariffe, convergenza in 6 settori, energia, «public procurement» e riconoscimento, secondo il modello adottato nell’accordo Ceta raggiunto con il Canada, per le nostre IIGG.
  3. sono sempre stato disponibile a incontrare e discutere con chi si oppone a questo negoziato (Di Sisto inclusa).
  4. abbiamo ottenuto con grande fatica (perché occorre l’unanimità degli Stati membri) la de-secretazione delle direttive negoziali e l’impegno alla pubblicazione di un riassunto di ciascun round negoziale. Appare un po’ paradossale il fatto che chi fino a ieri chiedeva giustamente più trasparenza sul Ttip sostenga oggi che il mandato era già apparso su alcuni siti e dunque era inutile pubblicarlo. Non dovrebbe, infatti, sfuggire che la pubblicazione consente: a) un’ampia diffusione; b) una discussione aperta sui contenuti del negoziato fra istituzioni e cittadini. Ho il sospetto che la pubblicazione disturbi molto chi in questi mesi ha cercato di diffondere paure irrazionali sul Ttip per ricavare visibilità. Da una lettura attenta del mandato emerge chiaramente come esso escluda qualsiasi discussione su: servizi pubblici, interferenza su politiche pubbliche, cambiamento nell’approccio fino ad oggi seguito sugli Ogm, cultura. Dal mandato risulta inoltre chiaro come obiettivo del negoziato sia un generale aumento degli standard sociali e ambientali. Nell’evento pubblico di martedì ho puntualmente elencato le pagine che si riferiscono a questi contenuti.
  5. Ho trovato francamente offensivo il fatto che la De Sisto abbia ridotto il mio intervento di martedì a una battuta iniziale, peraltro in favore del riconoscimento delle nostre indicazioni geografiche. Nel mio discorso ho cercato di inquadrare il Ttip nel contesto della globalizzazione, poggiando il più possibile le mie argomentazioni su cifre e fatti e cercando di fare luce anche sugli «angoli bui» di un processo che mantiene però a mio avviso una complessiva spinta positiva.

La trasparenza, tanto invocata dagli oppositori del Ttip, non è una strada a senso unico, e distorcere o peggio ridicolizzare le argomentazioni di chi ha opinioni diverse dalle proprie, equivale a inquinare volutamente un dibattito che, almeno a parole, tutti vorrebbero franco, aperto e oggettivo. Cordiali saluti

Carlo Calenda, viceministro per lo Sviluppo Economico

La replica di Monica Di Sisto

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Gentile vice ministro, Sulla mia ironia, lo stesso premier Renzi, intervenendo dopo di lei al seminario in questione l’aveva avvertita: la gente quando sente i politici parlare di mangiare la prende male. È così: troppo seri i possibili impatti del Ttip sulla nostra agricoltura, tra le poche riserve di Pil nazionale, per poterlo affidare al successo di una cena sociale. La Commissione Ue, in una recente ricerca sul Ttip, stima che le esportazioni agroalimentari degli Usa verso l’Europa col Ttip aumenterebbero circa del doppio rispetto a quelle europee verso gli States, e che l’Italia registrerebbe entro il 2025 una diminuzione di valore aggiunto nel settore agricolo (-0,4), con punte da -3,9% nelle fibre, -2,4% nei cereali e -2,2% in frutta e vegetali. Nel merito:

  1. allo studio commissionato dal governo – e ai magri ricavi previsti anche nel caso di uno scenario di massima liberalizzazione – ci siamo già dedicati in un analogo speciale ospitato dal manifesto (24 gennaio 2014). Tornarci su mi sembrava infierire.
  2. tralasciare il fatto che gli Usa abbiano sempre seccamente rifiutato la possibilità di ipotizzare un accordo «alleggerito», sembra voler ritagliare a tutti i costi per l’Italia un ruolo decisivo nella trattativa che non sembra abbiamo mai giocato.
  3. Lei si era impegnato a riconvocare regolarmente il Tavolo di dialogo del suo dicastero con la società civile (imprese comprese) sui negoziati commerciali e siamo in ritardo di ben tre mesi dalla scadenza da lei annunciata, nonostante la presidenza italiana dell’Ue ne avrebbe reso più rilevante la calendarizzazione.
  4. Sulla pubblicazione del Mandato, è la stampa specializzata, come l’autorevole «Inside trade», ad averla liquidata in poche righe come di pubblico dominio, e non esprimendo di fatto che semplici orientamenti. Prova ne è il fatto che nei veri testi negoziali – pubblicati successivamente anche dalla Campagna Stop Ttip Italia, cui aderiscono oltre 100 associazioni, sindacati, reti agricole e di consumatori – si capisce, ad esempio, che l’armonizzazione delle misure di sicurezza alimentare tra Usa e Ue porterebbe, in realtà, ad un abbattimento dei livelli attuali di controlli Ue (analisi fatta dall’Istituto Usa Iatp); che i servizi pubblici sono sul tavolo (analisi del sindacato europeo di settore Epsu), e che molte materie controverse – dagli Ogm ai contratti di lavoro, dall’ambiente alla sicurezza dei prodotti, alla chimica tossica, veri oggetti del trattato anche secondo l’intervento del presidente di Confindustria Squinzi – non verrebbero affrontate o escluse dai negoziati in corso, a cose fatte, in via tecnica, non democratica, più discreta, dal Meccanismo di Cooperazione regolatoria tra Usa e Ue che verrà creato dal Ttip, fuori dal raggio d’azione del mandato.

Gentile Viceministro, consideri con cura gli impatti negativi del Ttip su un Paese già tanto in crisi come il nostro: l’ultima ricerca disponibile, pubblicata appena ieri dall’autorevole Tufts University, variando il modo di calcolare costi e ricavi prevede con il Ttip una perdita 600.000 posti di lavoro, e un calo di reddito procapite tra i 165 e gli oltre 5mila euro in tutta Europa: non dovremmo preoccuparci di questo? Cordialmente.

Monica Di Sisto, Fairwatch/Campagna Stop TTIP Italia