Domenica è stato il 41° giorno consecutivo in cui la media di nuove infezioni quotidiane da coronavirus negli Stati Uniti ha registrato una tendenza al rialzo; sei mesi dopo l’inizio della pandemia, sono stati rilevati più di 3,7 milioni di casi e almeno 137.000 americani sono morti.

I bilanci peggiori continuano ad arrivare da Texas, Florida, Arizona e California, ma secondo gli esperti gli Stati in condizioni allarmanti sarebbero 41.
Alla luce di questi dati Jerome Adams, a capo del US Public Health Service Commissioned Corps, ha finalmente dichiarato la necessità di indossare la mascherina in pubblico, letteralmente implorando gli americani, e riconoscendo di aver sbagliato a scoraggiarne l’utilizzo nei primi giorni della pandemia.
«Vi sto implorando – ha detto Adams durante un’intervista a Fox & Friends – Non stiamo cercando di togliervi le libertà quando diciamo di indossare una mascherina».

Sempre su Fox, poche ore dopo, Trump ha presentato una faccia del tutto diversa di questa amministrazione durante la prima intervista scomoda della sua presidenza e, forse, della sua vita.

Il giornalista, Chris Wallace, è sempre implacabile e preparato, ma questa volta il gioco è stato di un altro livello. Con tutto il tempo a propria disposizione Wallace ha scavato senza fretta, portando Trump a ripetere affermazioni che lo inchiodano, come la riluttanza, in caso di sconfitta elettorale, a ritirarsi in buon ordine.

Sul coronavirus Wallace ha portato Trump a ripetere che il problema sono la cattiva stampa e i troppi test: «Ragazzi di 20 anni hanno il raffreddore per due giorni, fanno il test, risultano positivi e noi li conteggiamo. Non dovrebbero essere considerati casi di Covid-19», ha detto Trump.

È forse per questo che ora la Casa Bianca vuole tagliare i fondi agli Stati destinati ai test e a sostenere le agenzie sanitarie federali, complicando così gli sforzi per raggiungere un accordo sul prossimo pacchetto di aiuti per la pandemia.

A causa di ciò i senatori repubblicani degli Stati colpiti sono furiosi, in quanto l’intento di questa mossa non è solo quello di rallentare il conteggio dei contagi, ma anche quello di addossare la colpa di tutti i problemi ai governatori.

Mentre partono le trattative con i democratici per la legge di spesa anticrisi, il partito repubblicano si sta spaccando, e la fazione pro Trump è sempre più assottigliata e sommersa da problemi che mostrano come stare dalla parte del presidente non sia più una scelta comoda.

Il governatore della Florida, Ron DeSantis, trumpiano di ferro, è uno di questi; il più grande sindacato locale di insegnanti e lavoratori della scuola, la Florida Education Association (FEA), ha annunciato un’azione legale contro lo Stato della Florida a seguito dell’ordine di riaprire le scuole cinque giorni alla settimana.
DeSantis ha ribadito la sua convinzione che le scuole dovrebbero riaprire, affermando che gli ambienti scolastici offrono agli studenti una migliore opportunità di apprendimento e un migliore accesso a pasti sani, ignorando completamente un’emergenza pandemia che fa registrare ogni giorno dai 12.000 ai 15.000 nuovi contagi proprio in Florida.

L’approccio di ignorare il problema sperando che così sbiadisca è quello adottato da Trump, ma l’ipotesi sta cominciando a scricchiolare, tanto che lo stesso The Donald si è visto costretto a dichiarare che i briefing sull’andamento della pandemia, sospesi in quanto «ormai inutili», ricominceranno presto, forse già oggi stesso.

A spingere il presidente a ricominciare questo tipo di servizio è anche la ricaduta economica di una pandemia fuori controllo. Negli Stati Uniti, durante i primi tre mesi della pandemia di coronavirus, più di sei milioni di persone hanno chiesto di entrare nel programma di «food stamps» che distribuisce buoni pasto alle fasce economiche più deboli, e questa espansione senza precedenti probabilmente continuerà man mano che più persone perderanno il lavoro o non ne troveranno uno nuovo.

Secondo i dati statali raccolti dal New York Times, da febbraio a maggio, il programma è cresciuto del 17%, un modo trasversale, dai paesini su gli Appalachi, ai nuclei urbani come Miami e Detroit, alle periferie prevalentemente bianche fuori Atlanta e Houston.