I dieci giorni che sconvolsero il campionato italiano. Cominciati il 18 aprile a Crotone, con la spettacolare rovesciata di Simy, passati per Torino con la poderosa incornata di Koulibaly, potrebbero chiudersi oggi a Milano, nel derby d’Italia tra Inter e Juventus. Al di là delle facili allegorie su un Napoli bolscevico alla conquista del Palazzo d’inverno bianconero, alimentate dalle dichiarazioni di Sarri che in un impeto di leninismo accusa la Juventus di esercitare un potere non solo calcistico, è un dato di fatto che in dieci giorni la Serie A rischia di essere messa sottosopra. E se non è scontato che domani il Napoli vinca a Firenze, con i viola reduci da due sconfitte consecutive e i partenopei che non stanno certo brillando, stasera per la Juve valgono solo i tre punti.

La pressione psicologica di un eventuale sorpasso è difficile da sostenere, il calendario non sorride: anche nel prossimo turno, sulla carta facile per entrambe, il Napoli scenderà in campo conoscendo il risultato dei rivali. Intanto stasera nella bolgia di San Siro, 80 mila spettatori previsti in uno stadio dove l’Inter quest’anno ha perso solo una volta, Spalletti proverà a infliggere il colpo di grazia affidandosi alle uniche armi di cui dispone: l’estro di Rafinha e i gol di Icardi e Perisic, oltre due terzi delle reti totali nerazzurre. Vincere è l’unico modo per restare nella scia di Roma (oggi pomeriggio col Chievo) e Lazio (domani sera a Torino) nella corsa alla Champions. Mentre Allegri, per inseguire il settimo sigillo, ripresenta dopo lunga attesa una formazione offensiva: in campo dall’inizio Dybala, Mandzukic, Cuadrado (o Costa) e Higuain. Il tecnico sa che il suo eventuale quarto scudetto consecutivo sarà comunque l’ultimo.

Una serie di indicazioni – contestazione dei tifosi a Vinovo, indiscrezioni su un litigio negli spogliatoi tra squadra e allenatore dopo la partita col Napoli, linea dura del quotidiano sportivo torinese – fanno capire che l’anno prossimo sulla panchina della Juve siederà qualcun altro: favorito Simone Inzaghi.

E pensare che fino a ieri lo juventino era l’allenatore più celebrato d’Italia. È bastato che un calcio d’angolo facesse saltare i piani per lo zero a zero, tenuto fino al terzo minuto di recupero della partita col Napoli, ed è cambiato tutto. Ma si sa, gli zar sono venerati sul trono, sul patibolo li hanno sempre criticati tutti. Lo stesso potrebbe accadere con Berlusconi, che tra il serio e il faceto ha dichiarato di essere pronto a ricomprarsi il Milan, senza mai avere dimostrato di averlo venduto a qualcuno. È solo seria, invece, la situazione dei diritti tv. Mediapro è uscita allo scoperto, sfruttando l’assist del ricorso di Sky, ha annunciato che presenterà le garanzie (leggi: scucirà i soldi promessi ai club, che ne hanno disperato bisogno) solo in caso riuscisse a fare partire il canale privato della Lega. La partita, inserita in un disegno più ampio che coinvolge aree strategiche dell’industria italiana, rischia di essere più lunga della lotta tra Juve e Napoli.