Alessandro De Lisi, un siciliano sefardita, giornalista e scrittore, esperto di sistemi sociali complessi, è il direttore del MuMESE (Museo Memoriale di Sciesopoli Ebraica) inaugurato lo scorso 27 ottobre a Selvino, con sede al terzo piano del comune.
«La mia heimat è il Mediterraneo e l’Europa visionaria di Spinelli, antifascista: la mia vita è per il teatro di memoria, sono un attore irresponsabile. In poche parole serviva un professionista in esilio per un museo che racconta una storia così straordinaria di vita e rinascita» dichiara.

Come è organizzato il museo e quale è la filosofia che lo ispira?
Il museo è una radice, documenta storicamente i fatti straordinari di ottocento bambini profughi sopravvissuti e salvati dalla Resistenza italiana e dalla Brigata Ebraica. Uso un’allegoria: il museo è come un aron ha kodesh, il nostro «armadio sacro» dove nel Tempio vengono conservate le sacre scritture, i rotoli del Talmud. Ma dopo la lettura il popolo deve andare nel mondo, nelle cose e nelle avventure della vita, così è il nostro piccolo museo laico. Una stanza piena di memoria con le braccia spalancate. Come la gente di montagna, Selvino è un posto bellissimo.

Quali sono le proposte per un uso diverso della capacità di percepire e per avvicinare il maggior numero possibile di persone alla storia di Sciesopoli?

Romperemo gli schemi, attraverso il teatro, la musica, la narrazione popolare e le mostre (voglio portare Chagall a Selvino per aprire Sciesopoli) per raccontare una storia di vitalità e di fiducia. Tutto sarà dedicato alle donne e ai bambini, vero sacro di una comunità.

Ha conosciuto qualche testimone della epopea di Sciesopoli?
Si, li aspetto a Selvino. Prima però vorremmo che si parlasse alla comunità con la forza e il coraggio di una donna straordinaria come Liliana Segre, per dire che i nazisti hanno perso. Anche se nessuna conquista democratica è per sempre.

Cosa vuoi dire a chi visita il Museo?
Venire a Selvino è una gita nella natura più felice, visitare Sciesopoli e il museo è un patto civile: significa tornare a credere nel futuro, senza perdere nessuna occasione di memoria, ma con felicità e coraggio come ebbero quei bambini di allora e le donne e gli uomini che li custodirono. Significa diventare Ambasciatori della rinascita.