«Ma non vi vergognate?» ripete in questi giorni il Presidente Biden ai rappresentanti delle istituzioni degli Stati a maggioranza repubblicana che stanno approvando leggi che limitano il diritto di voto di afroamericani e classi poveri con ostacoli burocratici.

Non sappiamo cosa direbbe il Presidente Usa di fronte a ciò che sta accadendo in Italia in queste ore rispetto al diritto a promuovere referendum, conosciamo però quello che ha detto il Comitato diritti umani dell’Onu dopo aver valutato il caso Staderini-De Lucia contro Repubblica italiana: il nostro Paese viola il Patto internazionale sui diritti civili e politici perché la legge 352 del 1970 contiene “irragionevoli restrizioni” all’esercizio degli strumenti di democrazia diretta previsti dalla Costituzione.

L’Italia è obbligata a modificare le procedure di raccolta firme oggi ostacolate da macchinose vidimazioni con inchiostro, certificazioni inutili e dall’obbligo per i promotori di far autenticare le firme da un pubblico ufficiale che non è però tenuto a esser disponibile. Secondo l’Onu deve inoltre esser assicurata la possibilità di raccogliere le sottoscrizioni negli spazi più frequentati e la popolazione deve essere informata delle raccolte referendarie per consentire la partecipazione diretta.

Basterebbe da subito la sottoscrizione tramite firma digitale (già prevista dalla legge bilancio a partire dal 2022) per superare ostacoli esistenti, compresi quelli collegati all’emergenza sanitaria in corso. Un emendamento al decreto semplificazioni presentato dal radicale Riccardo Magi con la firma di tutti i gruppi e il parere favorevole del ministro Colao e l’accordo del Viminale è da giorni bloccato per le resistenze del ministero della Giustizia che vorrebbe consentire la firma digitale solo a disabili certificati, pretendendo 400 mila euro per la scansione di documenti informatici!
Nel frattempo in molti Comuni si fa ostruzione ai promotori del referendum eutanasia legale non rispettando i tempi per vidimare i moduli, chiedendo illegittimamente 30 giorni di preavviso per l’occupazione del suolo pubblico e fino a 36 euro di marche da bollo per organizzare un punto di raccolta, oppure negando – come a Reggio Calabria – le principali piazze perché in “prossimità delle feste mariane” e perché “servirebbe l’autorizzazione del Parroco”. Il tutto nel silenzio del Ministero dell’Interno. Si lascia così che il referendum sia una possibilità solo per i grandi partiti o sindacati perché i cittadini non disturbino i manovratori.

Addio alla tanto sbandierata “transizione digitale”, il governo Draghi, con l’ok della ministra Cartabia, sta per compiere un tradimento della Costituzione vietando un atto dovuto: consentire di firmare i referendum con firma digitale. Se niente dovesse cambiare, per sventare questo tradimento della Costituzione e chiedere al Presidente Draghi un intervento diretto, siamo pronti a iniziare uno sciopero della fame per il rispetto della legalità costituzionale e internazionale.