Il dock J4 era l’imbarcadero dove arrivavano stranieri e immigrati, dai greci dell’antichità fino agli armeni, gli algerini, i francesi in fuga dall’Algeria indipendente. Una specie di Ellis Island marsigliese, da tempo praticamente abbandonata, zona militare chiusa alla popolazione, situata di fronte a un paesaggio splendido.

Questa area della seconda città di Francia, la più povera, dove le differenze tra ricchi e poveri sono più forti, è ora tornata a vivere, grazie a un investimento considerevole, 200 milioni di euro solo per i tre siti in cui è suddiviso il MuCem, il nuovo museo dedicato alle Civiltà dell’Europa e del Mediterraneo, punto centrale dell’impegno di Marsiglia capitale europea della cultura nel 2013. Ieri François Hollande ha inaugurato l’edificio che aprirà al pubblico il 7 giugno, firmato dall’architetto Rudy Ricciotti, ormai collegato da una passerella in cemento armato grigio-blu, che coniuga una forma aeronautica con una sensazione organica, al forte di Saint-Jean, una cittadella militare del XVII secolo nata attorno a una torre del XV, superbamente restaurata. Il forte è a sua volta collegato al quartiere del Panier, con accesso diretto dal Vecchio Porto di Marsiglia.

Ricciotti ha costruito un cubo quadrato, ricoperto, sui due lati più esposti al sole, da un reticolato in cemento armato e dalle forme organiche, che evoca le moucharabieh tipiche dell’architettura araba, un edificio «poroso», come dice l’architetto, non solo agli elementi naturali ma anche a quelli culturali, alla sua collocazione nella città.

Con un materiale super tecnico, il cemento armato Bfu-Hp del gruppo Lafarge (estremamente resistente, è usato per le centrali nucleari), Ricciotti è riuscito a dare una forma poetica a una struttura apparentemente semplice: 309 pilastri che evocano tronchi d’albero a cui sono collegate cinque piattaforme, i cinque piani del museo di 52 metri di lato ognuno, che è possibile raggiungere anche attraverso una lunga passeggiata, leggermente in salita, che gira attorno la struttura dell’edificio. Un cammino che crea un volume intermedio tra le facciate e l’esterno, che dà aria all’edificio, crea ombra pur dialogando con il sole e il mare del paesaggio. «Il MuCem è parte del territorio – spiega Ricciotti – parte dell’imbarcadero, è una passeggiata sotto la pressione del vento, del sole, tra il blu Klein e l’argento del mare e la polvere e il cemento della città, con il porto industriale a nord». Sul tetto, da dove parte la passerella per il forte Saint-Jean, una terrazza in parte ricoperta dal reticolato di cemento sol y sombra, dove ha sede il ristorante. Ricciotti ha voluto che il cammino in pendenza lungo le facciate e la terrazza restasse aperto gratuitamente al pubblico, come erano all’inizio la scala mobile e il tetto del Centre Pompidou a Parigi. Il MuCem vuole difatti diventare il Beaubourg di Marsiglia. È un museo, con una collezione considerevole ereditata dal Museo nazionale delle arti e delle tradizioni popolari di Parigi, il cosiddetto Louvre dei poveri, chiuso nel 2005. Ha due spazi per mostre temporanee, un auditorium e aree dove è prevista un’attività culturale continua, cinema, dibattiti, incontri, concerti ecc. A fianco del museo di Ricciotti, sorge la Villa Méditerranée, inaugurata nel marzo scorso, un edificio che evoca un’onda, firmato da Stefano Boeri, dedicato agli scambi pluridisciplinari tra le popolazioni del Mediterraneo.

Per l’apertura, nella Galleria delle civiltà, dedicata alle esposizioni permanenti (con una rotazione delle opere ogni tre anni) il MuCem propone un percorso di 10mila anni di storia delle grandi civiltà del mediterraneo, riprendendo da Braudel, il grande storico del Mediterraneo, la periodizzazione del tempo lungo (la nascita dell’agricoltura), del tempo congiunturale (i tre grandi monoteismi), l’événementiel (la nascita della cittadinanza, dalla polis greca, alla rivoluzione francese ai diritti umani).

Le due mostre temporanee dell’apertura illustrano il senso dell’operazione del MuCem: il Nero e il Blu, che si apre con il grande quadro di Mirò Bleu 2 accanto a delle incisioni di Goya, racconta la storia del Mediterraneo, il blu dei successi e il nero delle tragedie, mentre al Bazar del genere viene affrontata la questione della simbologia maschile/femminile nel bacino del Mediterraneo. Dalle collezioni del Museo nazionale delle arti e tradizioni popolari provengono gli oggetti esposti al forte Saint-Jean: un labirinto di gallerie, luoghi di guardia, giardini, dedicato al tempo libero, al circo, agli automi, agli spettacoli di magia, con una wunder kammer nell’antica cappella che rimanda ai rituali famigliari e sociali del passaggio nelle diverse fasi della vita, dalla nascita alla morte.

Oltre al museo firmato da Ricciotti e al forte Saint-Jean, il terzo sito del MuCem è il Centro di conservazione e di risorse, un edificio neo-moderno dell’architetta Corinne Vezzoni, che sorge alla Belle de Mai, una zona industriale dismessa. Questi spazi sono dedicati alla conservazione, alla consultazione, oltreché a mostre temporanee.