«In questa giornata dell’8 marzo, le donne si riuniscono nello spazio pubblico di villaggi, paesi e città contro il crescente aumento della misoginia, la xenofobia, l’omofobia, la transfobia, il razzismo e i femminicidi a livello internazionale. Per uno Sciopero globale. Da secoli e in modo molto forte negli ultimi mesi, stiamo alzando le nostre voci all’unisono per dichiarare un No convinto contro questi mali sistemici e le violenze…. È il momento di dire Basta. Mai più»…

INIZIA così il comunicato condiviso dal movimento globale Non una di meno, letto in tutte le lingue nelle 300 piazze del mondo che hanno manifestato ieri nei cinque continenti: dall’Australia all’Europa, dall’Asia all’Africa alle Americhe… Oltre 48 paesi. L’8 marzo la terra trema, avanza la marea. Il continente con più paesi che hanno aderito è quello latinoamericano. D’altro canto, è partita dall’Argentina – dove ieri Ni una Menos ha replicato il successo dell’ottobre scorso – l’indicazione dello sciopero globale per dire basta ai femminicidi e alla violenza di genere e per chiedere un cambio di paradigma sistemico rispetto alle cause che la moltiplicano.

SECONDO dati della Fao, nei paesi in via di sviluppo le donne rappresentano il 45% per cento della forza lavoro agricola: il 20% in America latina e oltre il 60% in molte parti dell’Africa e dell’Asia. Norme sociali, leggi e abitudini discriminatorie – ricorda la Fao – possono limitare l’accesso delle donne a fattori fondamentali come le risorse naturali o l’educazione, oppure impediscono loro di partecipare ad attività della vita sociale, come prendere parte ad organizzazioni rurali o altre entità decisionali.

«I FATTI dimostrano che i livelli di malnutrizione diminuiscono notevolmente quando le donne hanno accesso alla formazione e a opportunità di lavoro». D’altro canto, a livello mondiale, solo il 25% della forza lavoratrice dell’industria digitale è donna. La differenza salariale tra uomini e donne è in media del 23%, ma si eleva al 40% nel caso delle donne afroamericane negli Stati uniti. Nell’Unione europea, le donne di età avanzata hanno circa il 37% più di probabilità di sopravvivere nella povertà che gli uomini della stessa posizione sociale e età. Nel mondo, 60 famiglie posseggono la ricchezza globale, mentre 770 milioni di persone vivono in povertà estrema.

IN QUELLA PARTE dell’America latina che ha portato in sella governi socialisti o progressisti all’inizio del secolo, l’inserimento delle donne nel mercato del lavoro è stata una costante, e il cambiamento politico è stato soprattutto di mano femminile. Molte hanno pagato un prezzo altissimo. Ieri le piazze hanno ricordato l’ambientalista femminista honduregna Berta Caceres, uccisa un anno fa, ma anche altri femminicidi politici: dalla Colombia al Venezuela, dove si è rivolto un omaggio all’attivista cilena Gisella Rubilar, uccisa dai fascisti «guarimberos» durante le violenze di piazza del 2014. In Venezuela, è stata decorata con la massima onoreficenza nazionale la leader indigena argentina Milagro Sala, messa in carcere dal governo neoliberista di Macri.

IN ECUADOR, i vertici della «rivoluzione cittadina» hanno sfilato in piazza con Ni una Menos. Le Senza Terra brasiliane (Mst) ieri hanno iniziato l’occupazione del complesso industriale dell’impresa Vale Fertilizantes, nella città di Cubatão. E l’ex presidente Dilma Rousseff ha invitato a lottare contro la distruzione delle politiche a favore delle donne, intrapresa dal neoliberista Temer. Le donne dei paesi dell’Alba hanno portato in piazza un lungo elenco di nomi: femminicidi territoriali di difensore della natura, dei beni comuni, dei fiumi, dei boschi, e hanno scioperato contro le politiche neoliberiste, estrattiviste, contro il capitalismo «patriarcale e coloniale».

ANCHE il loro comunicato è stato letto nelle piazze del continente: «Noi, donne, lesbiche, trans, indigene, contadine, cittadine, afro, lavoratrici, studentesse, femministe che partecipano ai Movimenti sociali dell’Alba, scioperiamo l’8 marzo nei nostri paesi per rendere visibili le lotte che per oltre cinque secoli hanno portato avanti le donne nel nostro continente… per rendere visibili i nostri corpi desaparecidos nelle reti di prostituzione e della tratta, assassinati e maltrattati dalla violenza ostetrica, colpiti dalla violenza patriarcale…».

UNO SCIOPERO anche per ricordare le donne rinchiuse in carcere: negli Usa, in Turchia, nelle prigioni israeliane.