In principio era un tappeto di ciottoli, colorati di blu come nel pavimento a forme geometriche di un edificio della cittadella frigia di Gordion o bianchi, nero-grigiastri e rossastri a disegnare animali come nella casa dei Mosaici di Mozia. L’origine del mosaico è molto antica e si colloca dunque in quel rapporto tra uomo e natura che sin dagli albori della civiltà diede vita all’arte.

Narrarne la storia sul filo dei secoli e del variegato passaggio dal mondo greco a quello romano e poi post-classico è impresa ardua. Eppure l’archeologa Licia Vlad Borrelli riesce ad assolvere questo compito con un libro agile e al contempo ricchissimo di particolari. Musivaria. Mosaico e opus sectile in età antica: storia, tecniche, conservazione (Viella, pp. 199, euro 22) non è un manuale tout-court ma un racconto che rende finalmente giustizia a una produzione ritenuta a lungo inferiore ad altre tecniche espressive. La critica moderna, che vede il mosaico in rapporto alla pittura, lo ha infatti relegato a «manufatto di seconda mano» in quanto non eseguito direttamente dall’artista.

Nel mondo antico, al contrario, non vi era differenza tra arte e artigianato, entrambe identificate nel termine techné. Lo sapeva bene il Ghirlandaio che osò definire il mosaico una «pittura per l’eternità». La rinuncia a un corredo fotografico – scelta obbligata per rendere accessibile il costo dell’edizione – rende ostica ai non specialisti la comprensione del tema affrontato da Vlad Borrelli. Tuttavia, spinto da approccio scientifico o semplice curiosità verso quei reperti che da sempre destano incantamento – di mosaici sono disseminati siti archeologici e musei del Mediterraneo – il lettore potrà seguire le orme dei piccoli frammenti di pietra, faïence o pasta vitrea che componevano visioni realistiche e mitologiche, e che restituiscono oggi la caleidoscopica quotidianità del passato.

Mosaico di Alessandro (I sec. a.C.), particolare
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Secondo un’ipotesi accreditata, il mosaico nacque in ambito ellenistico e Alessandria, la grande capitale dei Tolomei, ne divenne il centro di diffusione. Ai conquistatori romani, i mosaicisti che lavoravano nelle prestigiose botteghe alessandrine trasmisero il gusto per il vermiculatum, tecnica ad andamento sinuoso basata sull’impiego di tessere minute e utilizzata soprattuto per la creazione di emblemata, pannelli di qualità raffinata inseriti al centro di un più ampio tessuto musivo.
A maestranze alessandrine si deve probabilmente il celeberrimo mosaico di Alessandro, scoperto nel 1831 nella casa del Fauno a Pompei. Composto da circa un milione e mezzo di tessere raffiguranti il tumulto della battaglia, il pannello – conservato al Museo Archeologico di Napoli – attesta la fama di artisti itineranti che dall’Egitto migrarono in Italia.

A circolare però erano anche modelli o «cartoni» e ciò spiega la ripetitività dei soggetti in differenti zone geografiche. Non stupirà allora che in Africa, a Caesarea-Cherchell, e a Villa Adriana a Tivoli si possa ammirare la medesima scena di centauri che abbattono fiere.
I mosaici più antichi di ambito romano constano di motivi geometrici in bianco e nero finché, a partire dalla fine del II secolo a.C., la trama si popolerà di fulgide figure. Di questi mutamenti, Vlad Borrelli segue gli sviluppi, dalle città vesuviane a Ostia, attraversando il Mediterraneo fino all’Africa romana, tripudio di tessere e immaginazione che inondò la penisola iberica, la Gallia meridionale, raggiunse Ravenna e Aquileia e contagiò la florida Sicilia di Piazza Armerina.

Nell’ultima parte del volume le tessere cedono il posto alle lastre di marmo (sectilia), adagiate in combinazioni policrome e dal tocco esotico per riempire di splendore luoghi di culto e lussuose dimore dell’Impero.
Collaboratrice di Cesare Brandi all’Istituto Centrale del Restauro, di cui ha diretto il settore archeologico, l’autrice dedica infine un capitolo alla cura dei mosaici, prezioso promemoria in questo tempo di distruzioni e saccheggi del patrimonio in Medio Oriente.
Nello stesso stile di Musivaria, la casa editrice Viella ha recentemente pubblicato altri due libri firmati da Licia Vlad Borrelli: La Fucina di Vulcano (pp. 170, euro 19) e La pittura murale nell’antichità (pp. 255, euro 25). Il primo è una sorta di compendio di metallurgia antica, con un’analisi delle caratteristiche e potenzialità di ciascun metallo. Da rimarcare, nel secondo, l’ampia appendice sulle fonti che mostra il rigore scientifico di Vlad Borrelli ma anche la sua inestinguibile passione per il talento degli antichi.