Il mondo tenta la mediazione. Kerry vola al Cairo
Palestina L'Egitto resta dietro le quinte, pronto a intervenire. Hamas punta a Qatar e Turchia. Un ragazzo ucciso ieri a Hebron dalle truppe israeliane
Palestina L'Egitto resta dietro le quinte, pronto a intervenire. Hamas punta a Qatar e Turchia. Un ragazzo ucciso ieri a Hebron dalle truppe israeliane
Protezione internazionale per Gaza: lo ha chiesto la Lega Araba, ieri dal Cairo. I ministri degli Esteri dei paesi membri si sono incontrati per discutere delle misure per interrompere la carneficina in corso. Domenica il Ministero degli Esteri egiziano aveva emesso un comunicato con gli obiettivi del meeting: «Porre fine al bagno di sangue e formulare una posizione araba comune». Già prima della riunione, nel pomeriggio, era stata rilasciata una prima dichiarazione: «Chiediamo alla comunità internazionale di intervenire attraverso le istituzioni legali e umanitarie per proteggere il popolo palestinese».
Lo stesso appello che il giorno prima aveva lanciato il presidente dell’Autorità Palestinese: Mahmoud Abbas si era rivolto domenica all’Onu perché ponesse lo Stato di Palestina sotto protezione e creasse una commissione di inchiesta sui bombardamenti israeliani. Appello anche alla Svizzera, paese depositario della Quarta Convenzione di Ginevra perché chieda ai firmatari del trattato di sanzionare Tel Aviv. Resta sospesa l’adesione della Palestina a istituzioni internazionali, tra cui la Corte Penale dell’Aja, uno spauracchio spesso agitato dall’ANP ma mai concretizzatosi.
Dal mondo arabo piovono condanne – e in alcuni casi, come Qatar e Emirati Arabi, anche denaro per la Striscia – ma pochi passi concreti. Il grande assente resta l’Egitto che apparentemente declina ogni richiesta di mediazione e si fa notare solo per l’apertura a singhiozzo del valico di Rafah, da cui escono solo internazionali e gazawi con passaporto egiziano. A monte, le politiche del presidente golpista Al-Sisi in casa e fuori, volte a cancellare il movimento della Fratellanza Musulmana, di cui Hamas è membro.
Eppure dietro le quinte si registrano movimenti: oggi Kerry vola in Egitto, dopo l’incontro di ieri a Vienna con 5+1 e Iran. Incontrerà al-Sisi con cui discuterà della crisi. Se infatti dalla capitale austriaca i leader di Francia e Gran Bretagna ripetono la litania del diritto di Israele a difendersi e Il Cairo si muove con i piedi di piombo, è probabile che il successore di Morsi – mediatore di successo dell’offensiva del 2012, che regalò ai Fratelli musulmani e ad Hamas un indiretto riconoscimento internazionale – aspetti il momento giusto per agire e mostrarsi al mondo e ai finanziatori internazionali come colui che ha posto fine all’offensiva, magari salvando anche la faccia di Israele. Da parte sua il segretario di Stato Usa Kerry è tornato ieri a proporsi come mediatore tra Hamas e Tel Aviv: resta da vedere se il nucleare iraniano potrà giocare un ruolo nell’offensiva di Israele, estremamente preoccupato dal riavvicinamento occidentale a Teheran.
Da parte sua Hamas chiarisce la sua posizione: in un’intervista a Middle East Eye, uno dei leader ha precisato che il movimento islamista non intende negoziare con Il Cairo, preferendo gli alleati Turchia e Qatar. Il timore è quello di un ulteriore indebolimento della posizione di Hamas nella regione. Tanta è la preoccupazione – spiega la fonte – che Hamas avrebbe posto nuove condizioni per un potenziale cessate il fuoco: la riapertura del porto e dell’aeroporto di Gaza, così da rendersi autonomi sia da Egitto che Israele, controllori unilaterali dei confini della Striscia.
A Gerusalemme, intanto, vola la ministra degli Esteri italiana, Federica Mogherini: porterà il messaggio del premier Renzi («Fermare gli estremisti per garantire la sicurezza di Israele e il diritto ad uno Stato per il popolo palestinese»). Roma con una mano parla di pace e con l’altra infiamma l’offensiva: alcuni aerei da guerra dell’aviazione israeliana da cui piovono le bombe che hanno ucciso oltre 170 gazawi cono i caccia M-346 Alenia Aermacchi, parte della più ampia cooperazione militare tra Italia e Israele.
A morire sono anche i palestinesi in Cisgiordania. All’alba di ieri, durante scontri nel villaggio di Samu, vicino Hebron, i soldati israeliani hanno ucciso il 22enne Munir Ahmad Badarin. Colpito all’addome, Munir è morto all’ospedale di Yatta dopo aver atteso per oltre mezz’ora i soccorsi, a cui le truppe di Tel Aviv impedivano il passaggio. Fuoco a Beit Ummar, tra Betlemme e Hebron, dove a restare feriti sono stati Mahmoud Breghith, 21 anni, e Mahmoud Hitawi, 20.
Le manifestazioni a Gerusalemme e in Cisgiordania non cessano. Ieri sono stati arrestati 21 palestinesi, tra cui 11 parlamentari di Hamas. Il numero totale di detenuti in un solo mese è salito così a 1.071 unità. Diciotto arresti anche a Gerusalemme, teatro della dura repressione israeliana e delle aggressioni di gang e coloni: domenica una donna palestinese e i suoi due figli sono sfuggiti ad un tentativo di accoltellamento in Città Vecchia. Finiranno intanto in tribunale i tre israeliani accusati di aver rapito e ucciso il giovane Mohammed Abu Khdeir, prima vittima della vendetta per la morte dei tre coloni. I tre – di cui due minorenni – hanno confessato l’omicidio del 16enne di Shuafat. Saranno sottoposti alla perizia psichiatrica. Se chi uccide non è palestinese, si tenta subito di farlo passare per pazzo.
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