Tim Berne, classe 1954, fa parte di quei musicisti realmente significativi nel jazz degli ultimi trent’anni ma stenta ad avere ancora i riconoscimenti che meriterebbe. Dopo quattro dischi con la Ecm esce per l’elvetica Intakt una nuova pubblicazione con il quintetto Snakeoil che è il primo capolavoro del 2020. Il chitarrista Marc Ducret subentra a Ryan Ferreira ma per il resto l’organico è confermato; e che organico! Dal 2012 il gruppo ha potuto sviluppare una compattezza e una sintonia pressoché perfetta, condizione essenziale perché la musica del sassofonista possa dare il meglio. I sette brani, tutti originali ad esclusione di Dear Friend del mentore Julius Hemphill, rispecchiano una estetica alla quale il leader non è mai venuto meno: «Scrivere musica che esalti l’improvvisazione o che la provochi».

L’INIZIALE title-track segue il canovaccio del classico tema-improvvisazione-tema e sono subito scintille con i soli ispirati del leader e di Ducret su un tappeto ritmico funk-rock. Nel successivo Surface Noise le note sgocciolanti del piano e del glockenspiel di Matt Mitchell introducono e si uniscono al vagolare dell’alto di Berne come se fossero due mosche impazzite su una lampada. Rolo è un canto straziante ancora una volta di Berne esaltato dagli eccellenti clarinetti di Oscar Noriega e dalle percussioni di Ches Smith che si conclude con uno dei suoi temi spigolosi e intricati. The Amazing Mr 7 è un esempio di come fare evolvere il climax dando l’impressione che la materia sonora sia un vero e proprio organismo che nasce, cresce e si trasforma, marchio distintivo tipico di Berne come pure quel senso di spiazzamento e di sottile tensione che sempre attraversano le sue composizioni. Un altro elemento, ovvero l’uso di cellule ritmiche che si stratificano in incastri sempre più sofisticati lo si può apprezzare in Third Option, il pezzo più esteso, più di quattordici minuti, che si sviluppa attraverso episodi di diverse atmosfere, densità e approcci.

SE I PRECEDENTI lavori del gruppo avevano una sublime eleganza, in verità un poco manieristica, questo nuovo disco ci riporta al Berne migliore. Aspro e tagliente, il mondo sonoro che si apre alle nostre orecchie è un affascinante affresco che stordisce e inquieta. Berne ci spinge sul bordo dell’abisso per poi, con un sorriso enigmatico, trattenerci un attimo prima di precipitare.