Vincitore della sezione Un Certain Regard con After Lucia, nel 2012, il messicano Michel Franco fa una svolta in direzione di un altro grande beniamino del festival, Michael Haneke. Non sono pochi i rimandi ad Amour, e allo stile straniante, distaccato, del regista austriaco, nel suo Chronic, uno degli ultimi film presentati in concorso, prima della cerimonia del palmares, domenica sera. Tim Roth (presidente della giuria che premiò Franco 3 anni fa) è produttore e protagonista del film, incentrato su un infermiere specializzato nell’assistenza di malati incurabili. Professionale, instancabile, attento, capace di adattarsi (fin troppo) alle diverse personalità dei suoi assistiti, David (Roth) non sembra avere vita sociale o hobby, al di là del suo lavoro.

Filmato da Franco in una successione di lunghe inquadrature quasi sempre in campo medio, l’infermiere accudisce nei minimi dettagli persone che stanno per morire –il suo spesso un rapporto più intimo – sia fisicamente che emotivamente- di quello che i malati hanno con i membri della loro famiglia. Lo vediamo passare con persone di età, ceti sociali e bisogni diversi, a confronto con scelte complesse, gelosie di mogli o figli, richieste difficili da soddisfare, burocrazie ingiustificabili, la paura della morte –il suo un bagaglio che si fa, di paziente, in paziente, più pesante. Scopriremo che è stato un episodio doloroso del passato ad averlo instradato a quella scelta di vita. Franco, che ha detto di essere stato ispirato dall’infermiera che ha assistito sua nonna, è affascinato dall’osservazione di David e dalla sua solitudine, dall’aura di morte che lo circonda e che, poco a poco fa sì che un uomo che dà quotidianamente così tanto diventi patologicamente incapace di farsi aiutare dagli altri.

La morte aleggia anche su un altro film del concorso visto in questi giorni, Louder Than Bombs, del regista norvegese Joachim Trier che, come Michel Franco, è a Cannes con un film parlato non nella sua lingua ma in inglese e interpretato da un cast internazionale. Sia il lavoro di Trier, che quello di Franco, rispecchiano un’idea convenzionale, depressa, e un po’ desueta, di cinema d’autore «all’europea», per cui il festival di Cannes dimostra sempre un’attenzione particolare anche quando il livello d’interesse dell’opera (come nel caso di questi due film) è scarso.

Qualcuno ha paragonato Louder a Ordinary People, di Robert Redford. Ma questo drammone famigliare stregato dal fantasma di Isabelle Huppert fotografa di guerra che però è morta – forse suicida- schiantandosi contro un tir sulla strada vicino a casa, ha poco a che vedere con l’Oscar alla regia di Redford. Gabriel Byrne è il marito della fotografa alle prese con lo strascico lasciato sulla famiglia dalla scomparsa di lei.
Un figlio teen ager ribelle, uno di trent’anni meno «risolto» di quanto sembri, segreti passati e presenti –con tanti flash back.