È facile fare una previsione: i morti di Drottningsgatan sono destinati ad avere un impatto molto forte in Svezia. Forte sul livello e le finalità del dibattito, ma anche sulle strategie dei partiti locali. La questione identitaria era già esplosa in precedenza con un partito molto xenofobo e almeno in parte originatosi da una destra cupa e irricevibile: gli Sverigeremokraterna, non solo presenti in parlamento, ma prossimi al 20%. Ciò che più conta, dopo la sconfitta nei confronti dei socialdemocratici, nel settembre del 2014, i Moderaterna, il maggiore partito della destra liberalconservatrice, hanno cambiato leadership e alla loro guida c’è ora Anna Kinberg Batra, che appunto ha dichiarato di non escludere affatto l’apporto degli Sverigedemokraterna per costituire un nuovo governo. Ciò è fondamentale nei sistemi parlamentari nordici, in cui il sostegno esterno a governi di minoranza è la norma.

Oggi i partiti conservatori e liberali classici sono molto lontani dal potere ipotizzare governi autosufficienti come quelli dal 2006 al 2014. Anche e soprattutto per questo Kinberg Batra parrebbe rompere gli indugi, pur di battere i socialdemocratici in parlamento. Ma assieme agli indugi rompe anche il centro-destra: Centro e Liberali del Folkpartiet non sono disposti ad affidarsi all’estrema destra xenofoba. Per la verità anche i Moderaterna non è che si siano giovati delle ultime mosse: rispetto alle più recenti elezioni i sondaggi li danno in picchiata (dal 30 al 20% circa). Da supporre che molti loro elettori possano emigrare in opposte direzioni: decidendo di votare direttamente l’estrema destra (cioè il prodotto autentico, con l’idea di promuovere più decisamente gli sviluppi politici desiderati) o al contrario migrando verso partiti ostili alla nuova avventura. Insomma fino a venerdì scorso l’intero sistema politico svedese era come colpito da una sisma che però aveva lasciato tutto in bilico. L’attentato di venerdì potrebbe essere l’urto capace di causare lo smottamento della legittimazione xenofobo-conservatrice. Si potrà in ogni modo giudicarlo presto, dal tono che assumerà il dibattito svedese, già allarmato dai 200mila rifugiati accolti nel 2015 e 2016, fino alle restrizioni adottate alla frontiera dello stretto con la Danimarca. Vedremo se il clima del dibattito muterà ulteriormente, aprendo anche i partiti consolidati a toni poco tolleranti come è avvenuto fra i vicini e affini danesi che spesso (e si direbbe quasi volentieri) anche in questi giorni ripetono che in Svezia in realtà hanno da sempre i medesimi problemi che altrove, sono solo più bravi a nasconderli.

Come al solito, molto dipenderà dalla Socialdemocrazia, oggi al governo con l’ex metalmeccanico Stefan Löfven al timone. In arretramento, ma di gran lunga primi nei sondaggi, gli eredi di Palme, con il forte sindacato LO, potrebbero spostare l’asse del contendere politico: da identitario a sociale. Importante è per esempio avere legiferato a garanzia del mercato del lavoro edile: ogni azienda capofila sarà punita se anche una sola subappaltatrice userà lavoro irregolare.

Più difficilmente così i nuovi arrivi saranno visti come minaccia alle conquiste sindacali. Ma occorrerà superare maggiormente i limiti delle ortodossie di bilancio, della quota salari nel prodotto totale, delle politiche attive sempre più povere, della scuola oggi molto privatizzata, ghettizzante e inefficiente. Occorrerà cioè che i molti e nuovi deboli gravino su istituti e welfare indeboliti da riforme restrittive e solo in apparenza manageriali. Scongiurando che l’integrazione, mai e in nessun luogo idilliaca, muti segno in arretramento identitario, in cui ogni problema di risorse si risolve escludendo e demonizzando, anziché contendendole (questo il punto: anche per tanti svedesi «etnici» disagiati) ad un capitalismo che ne produce più che a sufficienza.

Si vedrà, insomma, se il paese che riformando in profondità il capitalismo aveva sempre incluso tutti (prima i miserrimi contadini del profondo nord, poi il 20% della popolazione di origine non svedese) difenderà il modello che abbiamo con tanto slancio studiato.