Controcorrente fin dal nome, «Universal hospitality» è un progetto tra arte e politica sul tema migrazioni, nazionalismo e controstrategie della società civile, programma di ‘Into the city’ curato da Wolfgang Schlag, un filone specifico dei Wiener Festwochen , il rinomato Festival di Vienna di teatro e cultura terminato fine giugno. ‘Universal Hospitality’ richiama il concetto kantiano e illuminista della cittadinanza universale, «che abbiamo scelto in contrapposizione al nazionalismo e la xenofobia crescenti in Europa -dice Schlag- per reagire alla dissoluzione dei fondamenti dei valori europei crediamo che bisogna tornare indietro di 200 anni e ricominciare a pensarci».
Universal Hospitality è una mostra d’ arte e un open forum di tre giorni che ha riunito artisti, attivisti e studiosi internazionali, una sinergia segno di un nuovo approccio e nuove metodologie, che si attrezzano a sfidare la politica . «Che non è stata in grado a reagire quando l’estate scorsa arrivarono migliaia di rifugiati, a differenza della società civile e delle Ong» accusa Schlag. .
Siamo nel ‘laboratorio per le innovazioni’ struttura dell’Università delle Arti Applicate, fucina di progetti tra arte e politica. Moltissimi i progetti concreti presentati, da Austria, Slovacchia, Germania, Italia, Ungheria, Turchia e Svizzera. Martin Krenn artista visivo e docente all’Università di Arte Applicata di Vienna, ha spiegato la potenzialità politica di ‘arte dialogica’, concetto che si aggancia alle avanguardie storiche abbandonando però ‘l’estetica dello shock’ (Walter Benjamin) a favore di processi partecipati di lungo termine. Così il progetto ‘Tutto il mondo a Zurigo’ promosso dalla Shedhalle, in dirittura d’arrivo l’obiettivo primario, dare ‘cittadinanza urbana’ ai migranti ‘illegali’ sans papier. La costruzione di setting particolari con nuovi spazi e forme di discussione, uscendo dalla normalità ha spinto il presidente della polizia a fare lo stesso, e confrontarsi con i «clandestini». Alessandra Pomarico, unica partecipante italiana del Forum, vive tra Lecce e New York. Pedagogista e sociologa delle migrazioni coordina i progetti a tutto campo della Free home University della sua città. Programmi sperimentali «su come vogliamo vivere fuori dalla logica liberista del mercato», approcci nuovi per superare «la crisi dell’educazione e dell’immaginazione», interventi concreti come il progetto di ascolto collettivo che coinvolge i richiedenti asilo del centro Sprar di Castrì . Passeggiate sonore con il Collettivo di artisti ultra-red, oggetti sonori condivisi, protocollati e discussi dal gruppo, creano la possibilità di relazioni fuori dagli stereotipi con i migranti, non più percepiti come tali, ma come persone. Ampio il dibattito teorico, sul concetto di Universal Hospitality e ospitalità incondizionata (Derrida), sul concetto di ‘società postmigrante’, sull’Europa della disuguaglianza e della xenofobia. Tra le conferenze magistrali più importanti il filosofo ungherese G.M. Tamás e Franck Duevell professore di sociologia al Compass (Center on Migration, Policy and society) dell’università di Oxford. Ha analizzato il «mix tossico tra crisi dei rifugiati, disuguaglianza crescente e estremismo di destra», raccontato la crisi umanitaria toccata con mano viaggiando per tre mesi tra Turchia, Lesbos e Idumeni: gli arrivati da marzo in Grecia rinchiusi in campi di internamento voluti dall’UE, senza avvocati, spesso alla fine dimenticati rimangono anche senza cibo, malattie che non si vedevano più dalle trincee delle prima guerra mondiale dovute alle lunghe marce nel fango…elenco infinito.