Tra le poche manifestazione sopravvissute in Calabria alla devastazione causata più dalla paura degli amministratori che «dall’emergenza sanitaria», Armonie d’Arte prosegue sulle «Nuove rotte mediterranee». Con questo sottotitolo, il festival ideato e diretto da Chiara Giordano vuole coniugare etica ed estetica, un doppio binario per riflettere sul concetto di armonia tra le arti e ridare valore alla condivisione della bellezza, in una stagione di tremenda desertificazione culturale.

ANCHE SE POI, nell’ultima tranche è arrivata la squillante dissonanza di Emma Dante, regista palermitana tra le più apprezzate della sua generazione, che nello splendido scenario del Parco archeologico di Scolacium ha portato I messaggeri, rivisitazione del mito greco funzionale alla elaborazione della sequela di lutti «esposti» negli ultimi mesi. A partire dall’appuntamento pomeridiano con il bollettino della Protezione civile nelle giornate di lockdown, l’autrice approda alle tragedie di Euripide e Sofocle, lasciando emergere, attraverso il racconto che ne fanno i messaggeri, gli scempi consumati nelle famiglie di quegli eroi, e legandolo con un filo rosso a tutti i suoi lavori, che degli orrori domestici sono portatori eccezionali. Pochi elementi scenografici segnano lo spazio che ha per fondale la maestosa abbazia normanna, che si erge nell’uliveto secolare della Roccelletta. Ma è la musica impregnata di virtuosismo popolare dei Fratelli Mancuso a segnare l’humus doloroso di questo spettacolo-concerto, coprodotto dalla Compagnia Sud Costa Occidentale con il Festival dei Due Mondi di Spoleto. Dopo il lamento del duo Macaluso, come un prologo cinque corpi fasciati avanzano in carrozzina, prima di liberarsi delle bende e trasformarsi in clownesche marionette mute, irriverenti e movibilissime.

E ARRIVA il primo messaggero, quello delle Baccanti, che narra a Cadmo la tremenda fine di Penteo, con le parole di Edoardo Sanguineti. È della stessa regista il monologo da Medea, folle madre-assassina, che lascia la scena a Edipo, nel racconto (tradotto da Adriano Di Carlo) del suo accecamento con le fibbie della veste della madre-sposa. Con la cruenta narrazione della strage di Eracle della sua progenie, nelle parole di Giorgio Iernò, si chiudono i sessanta minuti di atrocità che dal mondo antico ci investono con i corpi e le voci di Elena Borgogni, Sandro Maria Campagna, Adriano Di Carlo, Naike Anna Silipo, Sabrina Vicari.