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Il mistero della domanda giusta

Book Note A volte, e non accade spesso, il valore di uno studioso va di pari passo con l’understatement ironico, col non prendersi troppo sul serio. Succede a persone che non hanno […]

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 9 luglio 2022

A volte, e non accade spesso, il valore di uno studioso va di pari passo con l’understatement ironico, col non prendersi troppo sul serio. Succede a persone che non hanno smesso di approfondire i propri argomenti per una vita e che quando li senti in azione, dipanano con una naturalezza totale, priva di qualsiasi affettazione, un sapere denso e strutturato, che non perde mai di vista il nucleo centrale, ma neppure ha tema di addentrarsi in una selva oscura di particolari e snodi laterali che possano arricchire i discorsi di fondo. Rem tene, verba sequentur, dicevano i romani: abbi totale dimestichezza con i tuoi argomenti, e le parole arriveranno per spiegarli. Luciano Federighi è uno di questi studiosi. Da una vita studia le note afroamericane nella rilevante (spesso trascurata) declinazione privilegiata dell’espressione vocale. Significa conoscere, memorizzare, avere sempre presente migliaia di informazioni decisive su centinaia di figure che appartengono al mondo del jazz, del blues, del soul, del gospel, del country. Lui stesso è un narratore e, soprattutto, un songwriter e un bluesman sapido ed efficace, con diversi dischi all’attivo. Adesso Federighi aggiunge un altro tassello importante, e utile, pubblicando Confessin’ The blues/Incontri e interviste con grandi voci jazz, blues e soul (Mimesis). Sono 366 pagine che ci rammentano ancora una volta quanto sia importante saper condurre un’ intervista, e dunque porre la domanda giusta al momento giusto, per illuminare di luce radente un momento storico, un fatto, l’apparizione di un’estetica nuova che condizionerà il futuro. Qualche nome qui compreso? Tony Bennett e Betty Carter, Etta Jones, Bobby McFerrin, Cassandra Wilson, Johnny Otis. Arco cronologico dunque dipanato su una raggiera di decenni tra gli anni Quaranta e i nostri giorni. Quando Federighi chiede conto alla magnifica Carmen Mc Rae di Lush Life, il brano dello sfortunato Billy Strayhorn alter ego di Duke Ellington e McRae in pochi tratti fa comprendere l’importanza di quella canzone, a quel punto uno capisce perché un altro gigante dimenticato o quasi, Tony Scott, di quel brano fece l’ossessione di una vita, suonandolo ogni giorno della sua esistenza. Si è accennato al blues: l’associazione Blues In ha pubblicato per Hoepli Sweet Home Pistoia/40 anni di Festival Blues: quattro decenni di presenze, sul racconto e controcanto di critici, giornalisti, musicisti che sono passati su uno dei palchi più famosi d’Italia. Blues, ma non solo blues.

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