Nonostante il terremoto Covid il numero di vertenze aziendali cala per la prima volta da anni, passando da 120 a 105. I calcoli sono dello stesso ministero dello Sviluppo economico e tengono conto solo delle vertenze arrivate a Roma, quelle per cui il sindacato è riuscito a far convocare un «tavolo di crisi nazionale». Lasciando dunque da parte centinaia di crisi aziendali rimaste sul territorio.

RESTA PERÒ IL BUON SEGNALE fornito dai numeri del Mise – un calo di 15 vertenze, pari 12,5% in un anno – alla vigilia di un anno che si preannuncia durissimo, specie dal primo aprile quando scadrà il blocco dei licenziamenti e le aziende potranno liberamente «ristrutturare», termine ipocrita usato al posto di licenziamenti.

Dunque 105 crisi aziendali che riguardano circa 110 mila lavoratori, stima il Mise, con circa 70 tavoli aperti da più di 3 anni e circa 28 da ben 7 anni, a conferma delle tante crisi infinite che il manifesto racconta da sempre, come l’ex Alcoa di Portovesme, oggi Sider Alloys, ma sempre irrisolta, sebbene il Mise la consideri diversamente.

BUONA INVECE LA SOLUZIONE che sembra profilarsi per la ex Embraco dopo le tante beffe per i lavoratori di Riva di Chieri: un polo dei compressori assieme alla Acc di Mel (Belluno), azienda abbandonata dalla proprietà cinese. Salvaguardati i 51 lavoratori della Trefoan di Battipaglia, i 400 della Mahle acquisiti dal gruppo Imr (gommaplastica). La Yokohama acquisirà il sito di Ortona mentre si ristrutturerà la Betafence di Tortoreto. Di certo la stima di «30mila lavoratori salvati» si raggiunge considernando molte vertenze in cui gli esuberi conclamati e futuri licenziati sono comunque migliaia come per Auchan, Mercatone Uno, Ferriera di Servola, senza dimenticare Stefanel.

«Il numero dei tavoli scende grazie all’impegno costante. Aver affrontato le vertenze con una visione d’insieme ha cominciato a dare i suoi frutti durante quest’anno di governo – dichiara la sottosegretaria al Mise Alessandra Todde del M5s – . Il 2021 sarà un anno ancora molto difficile, ma con il Fondo per la gestione delle crisi d’impresa che ho fortemente voluto abbiamo un nuovo strumento per affrontare tutte le crisi potendo fare politica industriale», aggiunge.

IL FONDO È CERTAMENTE una novità importante sebbene i primi utilizzi non siano stati tutti positivi. Ha una disponibilità di 300 milioni più 250 nel 2021: prevede che lo Stato, attraverso Invitalia ancora guidata dall’inamovibile Domenico Arcuri nonostante gli impegni da supercommissario al Covid, possa entrare nel capitale delle aziende in stato di difficoltà economico finanziaria per un massimo di 10 milioni, restando in minoranza, e per un tempo non superiore a 5 anni. L’ingresso prevede naturalmente il divieto di delocalizzazione per almeno 5 anni e la salvaguardia dei livelli occupazionali con la prosecuzione dell’attività d’impresa.

Un uso del Fondo che sembrava positivo è stato usato qualche mese fa alla Corneliani, storica ditta tessile di Mantova. Ma proprio ieri le lavoratrici erano in sciopero e in presidio contro i ritardi nell’attuazione del piano di rilancio. Nonostante la presenza nel capitale dello stato.